Vi allenate su IG

Instagram ha soppiantato completamente Facebook nel ecosistema di Meta. Su quest’ultima piattaforma social è rimasta una geriatrica porzione della utenti e non solo in Italia. Nell’ambito della comunicazione sportiva IG è sempre stato l’ombelico dello stivale. Fuori dai confini italici X (twitter) e Tiktok costituiscono veicoli quasi più efficienti, ma riserviamo questa conversazione per altri tempi.

In Italia su IG è nata la BoboTV prima d’approdare a Twitch. Su IG molte degli atleti e delle atleti si misurano non sono a colpi di prestazioni sportive. Instagram è indubbiamente uno dei migliori strumenti di marketing sportivo al momento a disposizione ed è gratuito.

Tuttavia non sempre viene utilizzato così, soprattutto negli sport così detti minori, quelli al confine dell’attenzione di massa. Spesso i profili sono usati dagli atleti come diari personali, altre volte rappresentano semplicemente un infinto scorrere di video d’allenamento.

Siete atleti, vi allenate. Quale sarebbe l’idea che volete comunicare? Un po’ come se un cuoco mettesse solo video in cui cucina sempre gli stessi piatti: due uova sode messe a bollire, mentre condisce l’insalata e mentre aspetta il bollire dell’acqua.

Noioso. Quindi perché le foto e i video di Olivia Dunne che s’allena invece ottengo centinaia di migliaia di views. Nota a margine: i mi piace non contano assolutamente nulla, conta l’interazione con il contenuto. Fine nota a margine. Analizziamo meglio i contenuti della ginnasta di LSU.

Una particolare avvenenza aiuta sicuramente, la difficoltà dell’esercizio, la composizione del video, ho già scritto avvenenza? La Dunne è finita sulla copertina della Bibbia dello Sport: Sports Illustrated. Aiuta che sia particolarmente vincente e che non abbia alcuna remora a farsi fotografare.

Connotare l’analisi dell’atleta come un prodotto escludendo i suoi riflessi etici e sociali limita certamente la completezza del racconto ma ne permette la fruibilità, almeno in questa forma. Nessuno vuol promuovere uno stereotipo ma al contempo non si può pretendere di considerare sullo stesso piano le sneakers e le flip flops.

La Dunne è una ginnasta, non certo la disciplina più popolare del pianeta eppure conta 4.4 milioni di follower su IG. Come è possibile? Superando l’estetica e trasformandola in metafisica. Letteralmente.

Senza narrativa, non esiste atleta come veicolo sociale e commerciale. Zatlan ha trasformato il suo ego nella sua narrativa principale. Bobo Vieri e la sua “vita da bomber”. Il glamour di Beckam in contrasto con l’essere cresciuto tra la classe operaia di Manchester. La ruvidezza di Roy Keane e potrei proseguire per ore.

Negli sport minori esiste una pandemica assenza di narrativa. La quasi assoluta ignoranza circa il funzionamento degli strumenti a disposizione e l’abissale mancanza di idee confinano e condannano spesso la comunicazione degli atleti alla estemporaneità e quindi all’inefficacia.

Raramente il prodotto postato dagli atleti negli sport minori è frutto d’un processo creativo e difficilmente risponde ad una finalità. Spesso è solo frutto d’un processo di semplice imitazione, indotto dalla noia.

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