La battaglia per l’anima del calcio femminile spagnolo

Luis Rubiales non si è dimesso. Il presidente della RFEF dal palco dall’assemblea straordinaria convocata con il solo scopo di ascoltare le sue scuse e l’annuncio delle sue dimissioni è passato al contrattacco. Si è definito vittima di un assassinio sociale che la politica spagnola porta avanti da cinque anni.

Non si è limitato solo ad un arrogante “non mi dimetto” ripetuto tre volte. Ha chiesto candidamente alla platea perché si dovrebbe dimettere il presidente più vincente della storia della RFEF, i lacchè in prima fila pronti ad applaudire. Ha inoltre definito il bacio ad Hermoso un errore innocente. Come un bacio dato ad una figlia.

Con sprezzante incuranza delle parole della Hermoso che l’aveva definito “profondamente inappropriato”. Non importa quello che le donne del calcio spagnolo raccontano, dicono oppure pensano. Considerando che la sua vena “franchista” era già in bella mostra ha pensato bene di andare fino in fondo. Al presunto palpeggiatore Jorge Vilda, commissario tecnico della nazionale femminile, rinnoverà il contratto a cifre maggiori visto il suo successo al mondiale.

Donne dello sport, ma anche in generale, non contate nulla.
Agli uomini, a molti di loro almeno, non solo non interessa quello che pensate, importa ancora meno quello che siete. Spesso fastidiose, irritanti, melodrammatiche e soprattutto non necessarie nella quasi totalità della attività umane. Rubiales è solo l’apice arrogante di una mentalità così diffusa che sembra impossibile ribellarsi.

Nello sport siete condannate ad una posizione di sudditanza, siete Rosa Parks sedute però in fondo al pullman senza il coraggio di ribellarvi. Guardate un presidente che si scusa per un gesto che definisce innocente, mentirvi in faccia. Se era innocente perché scusarsi. Guardatelo ripetere per tre volte che non si dimetterà, perché ha vinto anche un mondiale al femminile, quello che hanno vinto delle donne per le quali non ha nessun riguardo.

Il governo spagnolo profondamente indignato dall’arroganza di Rubiales ha già annunciato che perseguirà ogni via legale fino alla sua rimozione dalla presidenza della RFEF. Tutto questo però è solo teatro politico. La questione sociale resta in piedi, incastrata in un ambiente che non ha nessuna intenzione di cambiare.

Perché le donne, quelle di sport, spesso lo subiscono per convenienza, altre lo tollerano e raramente si ribellano. Rendendo così di fatto gli uomini che hanno rispetto per loro degli sciocchi. Perché quando le firmatarie della lettera che chiedeva le dimissioni di Vilda hanno risposto alla chiamata della Roja, hanno automaticamente dismesso come “chiacchiere” le questioni che quelle stesse donne avevano sollevato. Hanno messo la vittoria, il mondiale, al di sopra di tutto e poi si sorprendono dell’atteggiamento sprezzante dei vertici federali.

La cultura tossica all’interno della nazionale spagnola di calcio femminile, non è esplosa all’improvviso. È stata coltivata, aiutata a crescere, tollerata e scusata. Anche da voi, donne di sport. Come quando accettate di scendere in campo nonostante da mesi non prendete un soldo, quando accettate condizioni di lavoro peggiori di quelle degli uomini. Quando accettate di essere trattate come una fastidiosa necessità, ecco allora voi rendete possibile i Rubiales.

Se le donne di sport continueranno ad aspettare che siano degli uomini a stabilire il loro valore, anche morale, la vicenda che è esplosa in Spagna continuerà a ripetersi ovunque. Nei campetti come nei grandi palcoscenici. Rosa Parks non ha chiesto aiuto per rivendicare il suo posto, l’ha fatto da sola. Se non importa davvero a voi, perchè dovrebbe importare davvero a noi.

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