Caffè Corretto – Dopo l’incendio

Tra termini che slittano e proroghe varie questa canicola di luglio si percepisce particolarmente rovente nel calcio a 5 italiano. Quello ai nastri di partenza per la prossima stagione con quattro giornate in meno al femminile vedrà ripetersi il consueto ciclo sportivo.

Se il ri-nato Montesilvano coglie le occasioni contingenti con una maestria che trasforma un differimento in un vantaggio. Senza tanti punti interrogativi di mezzo, i quattro giocatori in arrivo ex Falconara sono anche il colpo che spazza i dubbi sulla volontà della proprietà di andare oltre la semplice partecipazione.

Nel calcio a 5 italiano si compete anche a scapito delle proprie risorse economiche personali, troppo spesso lo si fa a prescindere dalle disponibilità.

Ogni estate si trasforma così in un saldo di fine stagione, con squadre che spariscono, perché ripartire dal regionale è di fatto: sparire. Alcune si dileguano, altre si contraggono. Talvolta giustamente.

Il calcio per decenni ha nutrito il proprio pubblico, i suoi tifosi con una estate fatta di sogni costruiti spesso con i soldi di altri. Lasciando però credere ai tifosi di essere i veri proprietari del club. Palermo, Napoli, Fiorentina, Parma, Genoa, Sampdoria sono tra le più eclatanti prove che senza parlare di soldi, si fallisce.

Dov’è il Pisa di Romeo Anconetani oggi? L’Ascoli di Costantino Rozzi? Erano squadre di Serie A. Sorrette dalla munificenza di un padre padrone. Il calcio a 5 italiano è incastrato esattamente in quello spazio temporale. Ancora.

Nemmeno una riforma legislativa che ha introdotto la figura dle lavoratore sportivo sembra capace di stabilire un rapporto giuridico tra i presidenti e i giocatori.

I giocatori non sono amici. Sono dipendenti, se sono anche amici bene ma non è indispensabile. I giocatori ricevono un corrispettivo per l’impegno agonistico, non per essere simpatici, amichevoli o amorevoli.

Ogni volta che si contorce questo semplice concetto diventa più complesso operare in maniera efficace. Le scelte sportive si mescolano a quelle emotive in un pastrocchio indefinito.

Se il trasferimento di Lukaku alla Juventus dopo essersi promesso sposo all’Inter, si fosse verificato nel calcio a 5 italiano probabilmente l’addetto stampa dell’Inter sarebbe andato a commentare il post della gazzetta dello sport con un boomerissimo: “venduto, traditore” o un ancor più stucchevole: “notizia fake e non nominare mai più l’Inter anzi sciacquati la bocca”.

Così come Bonucci escluso dalla rosa di una squadra per la quale è stato capitano, bandiera e con la quale ha vinto tutto. Certo ci sono i modi, le parole più adatte a comunicare. Questa rimane però la realtà di uno spettacolo d’intrattenimento nel quale gli attori sono atleti con regolare contratto di lavoro dipendente.

Ma aspettarsi questo livello di consapevolezza da una disciplina con un ritardo cronico e non solo nei pagamenti è quantomeno sciocco. Il calcio a 5 fatica ad adattarsi ai tempi, forse si rifiuta di farlo nel tentativo di preservare alcune figure.

Dopo l’ennesimo incendio non guarda nemmeno alle macerie, finge semplicemente che non ci siano o peggio le considera normali, le derubrica con un “è sempre successo”. Come se fosse condannato a ripetere sempre gli stessi errori.

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