Ho letto con interesse il breve articolo apparso sul Corriere dello Sport, a firma di Massimo Grilli.
Il presidente della Divisione Calcio a 5, Andrea Bergamini, asserisce che “in una olimpiade che regala sempre più visibilità ai nuovi sport come il basket 3×3, ci sia spazio anche per il futsal”.
L’Olimpiade non ha regalato nulla, ha offerto certamente, la possibilità di essere inseriti in un calderone enorme di sport. Anche a quelle discipline emergenti che hanno un appeal verso un pubblico più giovane. Nel basket femminile tre contro tre, a fronte di un biglietto per le olimpiadi, strappato in trasferta, non è che a livello continentale abbiamo mai vinto qualcosa. C’è tempo, il campionato europeo esiste, solo dal 2014.
Questa disciplina poi pesca a piene mani dell’universo dei “playground”, i campetti all’aperto, quelli di cemento con il canestro che non ha la rete ma una catena metallica così nessuno prova a strapparla. Elemento fondante dell’esperienza del giocatore di basket, anche nostrano. Se non avete mai sentito parlare dei Giardini Margherita Playground, dovreste chiedere in giro, agli appassionati di basket.
Bologna, ospita proprio li, il più grande torneo “playground” d’Italia. Qualcosa di così importante, magico, incredibile e meraviglioso che in questa stagione una troupe di NBATV si è recata sul posto per raccontare l’evento. L’unico evento nel futsal italico, che potrebbe avere una qualcosa somiglianza. è la Montesilvano Futsal Cup. A meno che non si voglia considerare il calcetto all’aperto il giovedì sera, con le maglie spaiate, il pallone che rimbalza e il portiere “volante”, una sorta di “playground”.
Il basket è sport olimpico dal 1904, si è atteso fino al 1992, per vedere i professionisti della NBA scendere in campo in un torneo olimpico. Perché la National Basket Association, non aveva bisogno della pubblicità eventuale di un oro olimpico. Al massimo era una questione da “guerra fredda”, considerazione che è valida forse maggiormente per l’hockey.
L’operazione di marketing del “Dream Team” portò lustro al torneo olimpico, non il contrario.
Il softball è tornato alle olimpiadi, vedete frotte di bimbi iscriversi nelle scuole di baseball? Il nuoto, il ping pong, la pallanuoto, partecipano alle olimpiadi e questo non comporta nessun incremento in termini di concreto ritorno economico e di riconoscibilità. Nella città dalla quale vi iscrivo ho visto giocare Manuel Estiarte, il “Maradona” della pallanuoto. Vincere coppe, scudetti. Quando Gino Pilota, pescarese e braccio destro di Benetton, rinunciò ad investire nella sua creatura sportiva, il riflettore sulla pallanuoto s’è affievolito, fino a spostarsi altrove.
In un ipotetico torneo olimpico di futsal, avremmo davanti Brasile, Argentina, Spagna e Portogallo. Nemmeno la medaglia di legno, perché se non sbaglio si partecipa per vincere. Capita poi di perdere e quindi si può dire “l’importante è partecipare”. Sempre che non capiti di finire sconfitti dalla Finlandia o da una repubblica ex sovietica piena di ballerini di samba.
Sapete cosa accade quando le luci olimpiche si spengono: sulla vela, il tiro con l’arco o il dressage? Accade che Messi lascia il Barcellona, per approdare al PSG a formare un tridente con Neymar e Mpappè. Si torna alla quotidiana normalità. Davvero credete che una olimpiade possa fare la differenza. La fa per il calcio? Forse per quello femminile, a patto però di qualificarsi.
Al futsal manca il pubblico. È privo di un modello di sostenibilità economica. Diverso dal rovesciare denaro a fondo perduto per gloria personale, per onanismo sportivo o per semplice noia. Ci si muove, all’interno di un sistema economico sportivo che mette in difficoltà un gigante come il calcio. Costretto suo malgrado, a relazionarsi con una realtà finanziaria che impone la necessità di creare utili.
Il presidente Bergamini, che professionalmente si muove proprio all’interno del calcio a 11 professionistico, potrebbe essere l’uomo adatto a proporre, perseguire e vedere realizzato un modello di futsal che permetta alle società di sopravvivere al loro presidente mecenate. Per non lasciarle alla mercede di sponsor volatili, di quelli interessati ai vantaggi fiscali e a tutto quel sottobosco di sotterfugi da colletto bianco.
L’elenco degli sport che snobbano le olimpiadi è lunghissimo, hanno spesso un successo planetario ed alcuni nemmeno interessa partecipare. Come al cricket. Non ridete. Qui in un paesino nella cintura metropolitana, la comunità indiana e pakistana si sfida ogni domenica in una partita di cricket. Non sempre finisce benissimo, ma giocano.
Con buona pace dei sogni a cinque cerchi, forse gli sforzi dovrebbero essere concentrati sulla credibilità di questo sport. Stringendosi intorno ai presidenti dei club che finanziano concretamente il calcio a 5. Molti di loro sono imprenditori, sono sicuro che guadagnare anche dal futsal, non è una idea che scarterebbero.