FIFA, il videogame e lo stereotipo razziale

Un recente studio ha mostrato che il videogame FIFA nella sueinterazioni, non replica semplicemente lo scontro fisico e tecnico tra giocatori di calcio riprodotti digitalmente. All’interno della sua codifica, riproduce stereotipi razziali che sono profondamente radicati in questo sport.

I giocatori digitali vengono classificati attraverso una struttura di valori che ne dovrebbe riflettere il livello di prestazione reale. Con un punteggio che oscilla tra 1 e 99, un team di raccolta dati cataloga e determina una gerarchia all’interno del gioco.

Questo punteggio totale rappresenta un valore aggregato dei punti assegnati al giocatore in 29 diverse categorie. Queste vanno dalla capacità di eseguire “tiri dalla distanza”, quanto in alto può saltare, la sua forza e perfino la sua aggressività.

The Conversation, un gruppo di stampa indipendente, specializzato tra l’altro nell’analisi di dati, si è occupato di raccogliere quelli dei giocatori di FIFA tra i migliori 100. Hanno scoperto così che quando si trattava di competenze che il gioco classificava come “fisiche”, i giocatori neri ottenevano punteggi più alti in quasi tutti i casi rispetto ai giocatori bianchi.

La velocità di scatto registra una media di 79.15 per i neri, contro 71.61 dei bianchi. Così come la capacità di saltare (78.19 a 75.45) per non parlare della forza fisica (76.69 a 72.00) o l’aggressività che registra livelli differenti (74.04 a 71.5)

Quando si trattava di attribuiti che il gioco classificava come relativi all’abilità tecnica o cognitiva di un giocatore, era evidente il contrario. I giocatori bianchi digitali erano in media più alti di quelli dei giocatori neri in quasi tutte le categorie.

Lo studio ha quindi rivelato che i punteggi aggregasti degli attribuiti sportivi dei giocatori digitali erano direttamente correlati agli stereotipi razziali associati ai calciatori bianchi e neri nella vita reale. Aderendo a quello che viene considerato lo stereotipo dell’atleta nero naturale.

Questo è un fenomeno che la EA Sport ha ereditato dalle telecronache sportive di calcio. Ci sono ampi studi sociologici che vedono telecronisti elogiare e lodare in modo esagerato gli atleti bianchi per la loro intelligenza e i giocatori neri per la loro intrinseca prestanza fisica. Anche quando i calciatori bianchi e neri fanno esattamente le stesse cose in campo.

Non un retaggio recente. Si tratta d’un pregiudizio razzista frutto di una pseudoscienza emersa in Europa durante l’illuminismo. Una percezione che è rimasta radicata all’interno del calcio professionistico anche oggi.

Perché questi codici contano? Rappresentano le fondamenta di un titolo come FIFA, il “soon to be” EA FC. Ne influenzano ogni aspetto e nel caso dei titoli sportivi ne influenzano direttamente l’esperienza del giocatore.

Siamo così portati a pensare naturalmente attribuendo un valore sostanziale a quelle che sono false differenze razziali perché siamo confortati in questo dalle meccaniche del gioco. Soraya Murray nel suo “On Video Game” descrive esattamente questo meccanismo e quanto possa essere sottilmente potente.

La EA Sport ha dichiarato a proposito: “Quando si tiene conto della posizione, non c’è alcuna correlazione tra il colore della pelle e l’abilità del nostro gioco. I dati presentati in questo studio presentano una visione ristretta e incompleta delle valutazioni complessive dei giocatori. Inoltre lo studio ha preso in considerazione 88 atleti sugli oltre 19000 di FIFA 23”.

Segue poi una lunga filippica su quanto il razzismo non abbiamo posto nel mondo del calcio e non ha posto in nessuno dei loro giochi. Pur riconoscendo che i pregiudizi continuano ad esistere nello sport. Tutto bellissimo da parte di EA. Quanti di noi però si sono trovati a scegliere tra i regen: “quel attaccante nero perché corre più veloce?”

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