Burnley, il calcio femminile e TIkTok

Burnley è una cittadina di circa 90 mila abitanti. Non esattamente una metropoli europea. Una quarantina di minuti a nord di Manchester, se riuscite a tenervi dietro in velocità almeno i podisti. Si gioca a futsal nel nord dell’Inghilterra? No.

Questa non è una storia di calcetto ma di comunicazione sportiva, qualcosa che dovrebbe interessare il calcetto, tutto. Torniamo ora a due passi da Preston, a Burnley. Cosima Towneley è il sindaco donna della cittadina, leader del locale partito conservatore succede ad una lunga lista di sindaci laburisti.

A Burnley le donne non solo presiedono il consiglio comunale, giocano nella prima divisione inglese, quella al femminile, raggiunte nel gotha del calcio inglese in questa stagione anche dalla compagine maschile. A far parlare di se però sono The Clarets della BWSL.

La squadra femminile ha raggiunto il traguardo del milione di views totali su TikTok. Questo successo è in parte dovuto anche all’accordo commerciale che il club ha con il colosso cinese ByteDance. Dal 2021 infatti esiste una sleeve sponsorship che lega il club alla piattaforma digitale TikTok.

Da quando è stato raggiunto l’accordo il Burnely ha totalizzato numeri record sui propri video postati su TikTok Live. Inoltre ByteDance ha fornito indicazioni specifiche alle calciatrici su come ottimizzarne l’utilizzo. Il club ha puntato in modo massiccio ad un miglioramento dei propri canali digitali. Diventando la prima squadra femminile a trasmettere i match in diretta su TikTok.

“Si, ma il calcetto?”
Sebbene manchi di quella che gli inglesi chiamano “viewership” cioè non ha un pubblico locale rilevante, il calcio a 5 anche in Italia mantiene due valori che lo rendono potenzialmente appetibile per un brand come TikTok.

Tempi di gioco adatti al tipo di consumo vorace e immediato che contraddistingue questa epoca, una piattaforma di giocatrici donne che posso essere utilizzati da Bytedance per esercitare quel softpower che l’ha spinta a sponsorizzare una realtà come il Burnley.

“Non siamo cattivi vedete? Aiutiamo gli sport minori, sosteniamo i diritti lgbtq+ anche nello sport e anche l’equal pay”. Questo è una estrema e semplicistica rappresentazione delle motivazioni alla base di monli accordi commerciali che coinvolgono lo sport.

Per il calcio a 5 restare ancorati alla dialettica tra squadra e comunità locale, come se gli abitanti di alcuni centri vivessero sotto una gabbia di faraday che gli impedisce di essere iperconnessi, è una scelta insensata. Non solo rappresenta un danno, costituisce un aggravio alla rincorsa verso una notorietà che oggi richiede uno sforzo tecnologico più complesso almeno nelle scelte strategiche.

Vero però, che queste scelte di partnership strategiche effettuate anche da club femminili sportivamente poco rilevanti che diventano fenomeni della comunicazione, sono anche frutto di scelte industriali nel senso più classico del lemma.

Quando una società sportiva diventa business, cambiano non solo le prospettive economiche ma anche quelle manageriali. L’approccio alla sostenibilità che ha un fondo d’investimento è radicalmente opposto a quello dei presidenti tifosi, degli sceicchi o degli oligarchi.

Il calcetto è in un guado, stretto nella melma di una legislazione da sport amatoriale e dal suo desiderio d’essere percepito come sport professionistico. Questi probabilmente sono anni decisivi, potrebbero portare il calcio a 5 fuori dall’alveo degli hobby oppure costringerlo li, per sempre.

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