Il Cigno Nero

Il Cigno Nero è un paradigma economico. Descrive un evento inatteso e isolato. Anzi, di più: impossibile da prevedere e persino da immaginare. Il suo arrivo è quindi talmente spiazzante da mettere in discussione i codici interpretativi con cui l’uomo tende a leggere la realtà ossia la relazione causa-effetto.

Spesso questo evento viene erroneamente e inappropriatamente razionalizzato con il senno di poi. Accade però d’incontrare un cigno nero più spesso nello sport agonistico che nel mezzo di una crisi economica globale.

Il Cigno Nero di questa storia ha i piedi montati alla OTO Melara, lo sguardo sempre severo ed è più anagraficamente vicina alla pensione agonistica che ai suoi anni migliori. Sempre che quest’ultimi siano mai esistiti.

Alessia Guidotti sorride di rado. Parla ancora meno e spesso la sua idea di conversazione è costituita da una sua frase che non prevede alcuna replica. Come in quella Gara 3, sul campo di una squadra costruita per vincere e destinata a farlo.

Sotto di due gol all’intervallo.
Nessuna speranza concreta di raddrizzare una partita brutta, storta e di quelle nelle quali sembra che qualcuno sia lì solo per recitare una parte.

Alessia rientra dagli spogliatoi come di consueto accigliata. Ha trascorso una vita sportiva a guardare storto il mondo intorno. Estremamente consapevole dei suoi mezzi tecnici, di piedi tagliati con l’ascia d’un taglialegna canadese.

Ha inconsapevolmente seguito uno dei dettami di Kevin Keegan: “ogni giocatore dovrebbe lavorare sui suoi punti di forza”. Così lei ha costruito una carriera sportiva sui solidi mattoni di abnegazione, fisicità e intensità.

Per il secondo tempo, si accomoda sui gradoni che fungono da panchina, a qualche metro da me. Sempre con quello sguardo torvo appiccicato in viso, come se guardandola aveste commesso in questa vita e in quella precedente, un qualche imperdonabile crimine nei suoi confronti. Come si guarda qualcuno che ha infilato il dito nel vostro piatto di brodo.

Immagino un lungo secondo tempo, nel quale s’attende solo il fischio dell’arbitro così che la squadra di casa possa alzare al cielo la coppa di campione d’Italia. Di solito scatto le foto a chi perde, quindi sono anche seduto vicino al posto giusto, penso.

Il Cigno Nero però non s’annuncia, accade. Un improbabile tiro da buona posizione del meno adatto dei tiratori in campo si spegne sotto l’incrocio dei pali. L’autore del gol torna verso la panchina con lo sguardo dei bimbi che hanno commesso una marachella.

S’avvicina e poi mi guarda negli occhi e spara la sua frase, quella che come al solito non è parte di una conversazione: “Questa noi la vinciamo”. Impossibile e quantomeno altamente improbabile.

Io però sono seduto sulla linea laterale e lei è su quel campo. Nove secondi dopo quella frase, Xhaxho trova il gol del due a due. A quel punto mi ricordo di un’altra definizione economica: the greater fool.

Quella che prevedere la possibilità di comprare e vendere un asset sopravvalutato anche al termine di una bolla di mercato, ci sarà sempre qualcuno disposto a comprarlo.

Alessia è un po’ così. Penso s’illuda, che sia solo un momento anche se qualcosa sembra essere cambiata nella marea emotiva della partita. Almeno fino al gol di D’Incecco, quando all’improvviso sono io a sembrare “the greater fool”.

Al fischio finale m’accorgo d’essere seduto dalla parte sbagliata e giusta nello stesso tempo. Ho assistito all’apparire di un Cigno Nero ma quelle che ho vicino piangono lo stesso eppure hanno vinto.

Quella con i piedi di granito ha riaperto una partita finita. Ha creduto in qualcosa d’impossibile ed ha avuto il coraggio delle sue parole. Tutto questo potrebbe essere stato solo un caso, l’illusione d’un momento di sport irripetibile.

Alessia ha dato il via ad una rimonta. L’ha fatto sfruttando al meglio i limitati mezzi tecnici, dando fondo a quelli atletici, riempiendo le sue lacune con quella strana rabbia agonistica che le tracima spesso in viso.

Dimenticavo, l’ho vista anche sorridere, quel giorno. Sembrava anche felice, potrei sbagliarmi però. Tutto questo potrebbe non essere mai accaduto. Un racconto che potrebbe essere frutto della mia fantasia. Sarebbe bellissimo però se fosse accaduto davvero, no?

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