Vi ricordate di Rambo?

Il procuratore capo dell’AIA? Quello con l’hobby del traffico internazionale di droga? Rosario D’Onofrio. Se vi dicessi che il suo percorso all’interno della giustizia sportiva s’intreccia anche con il calcio a 5 italiano?

È il 18 maggio, dell’anno del signore 2022. Per i playoff di Serie B, si affrontano l’Eur Massimo e Città di Anzio, a dirigere la partita c’è Tullio Graziano, della sezione di Palermo.

Arbitro che ambisce, in considerazione della sua graduatoria, ad essere nella stagione successiva elevato alla CAN 5 Elite. Partita calda, cinque cartellini rossi, fuori 5 giocatori dell’Eur Marconi, che però porta a casa la vittoria per 6-5.

A fine gara la terna incontra l’organo tecnico e l’osservatore arbitrale presenti sugli spalti. Ricevono le congratulazioni per essere stati autori di “una gara perfetta, senza sbavature, una prestazione ineccepibile”. Lo dicono le parole, lo dice il voto dato, confermato e inserito in piattaforma: è 8,70 per Mazza rappresentante dell’organo tecnico, è 8,70 per Scorsino l’osservatore arbitrale.

È il voto più alto che possa ricevere un arbitro. Qualcosa però accade nel ventre molle del palazzetto. Dopo il carosello di proteste e ingiurie andato in scena per tutta la gara. al termine, davanti agli spogliatoi, la terna viene avvicinata da un figuro, che si qualifica come dirigente dell’Eur.

Indossa una felpa nera col logo del club. Prima tenta di chiedere clemenza nei provvedimenti da segnalare al giudice sportivo, poi si esibisce in un florilegio di invettive.

Il solito ritornello. A suo dire il club è schierato contro il sistema federale, non da troppo conto ai risultati, perché la società sarebbe nata per altri motivi. Qui però l’invettiva prendere una piega che potrebbe essere penalmente rilevante: le operazioni legate al club.

Graziano da vent’anni indossa la divisa dell’Arma dei Carabinieri. Quelle frasi non sono solo un affronto e un insulto, ma anche una possibile notizia di reato.

L’arbitro s’affretta a riferire l’accaduto al vice della Commissione Can 5 Antonio Mazza le gravi affermazioni del presunto dirigente dell’Eur.
Tornando sull’argomento poco prima di congedarsi.

L’arbitro carabiniere chiede lumi, sul comportamento da mantenere circa questa vicenda, chiede se non sia il caso di allegare una nota al referto. Viene rassicurato da Mazza: “Non preoccuparti, me la vedo io”.

Dopo aver ascoltato però un secondo parare, Graziano decide di inoltrare un supplemento aggiuntivo e inviarlo al Giudice Sportivo. I giorni passano, lui attende ma non accade nulla.

O quasi. È il 7 giugno, Graziano riceve convocazione, deve recarsi a Catania, a 500 km di distanza per essere ascoltato dal Procuratore Arbitrale. Strano, solitamente si è ascoltata nella sezione d’appartenenza, il procuratore dopo aver raccolti il materiale probatorio si muove a spese dell’AIA.

Il procuratore è Rosario D’Onofrio. L’arbitro scopre così di essere divenuto l’accusato, oggetto di un procedimento mentre viene interrogato. L’incontro avviene in video conferenza. Come mai? Il procuratore capo è impossibilitato a raggiungere Catania.

È agli arresti domiciliari, condannato in via definitiva per traffico di droga da almeno due settimane. Questa però sarà notizia pubblica solo mesi dopo.
Le domande rivolte all’arbitro prendono una strana piega, non gli vengono contestati i fatti, non gli viene chiesto conto delle dichiarazioni presenti nella suo supplemento aggiuntivo.

No. Il procuratore e pregiudicato, gli contesta modi e tempi. Per D’Onofrio il supplemento d’indagine non serviva, non era stato richiesto. Il pregiudicato-narcotrafficante capo dell’AIA contesta invece a Graziano la violazione del codice etico.

L’intempestività del supplemento di referto, la veridicità dei fatti inclusi nel supplemento. Già. Senza aver ascoltato nemmeno un testimone. Ritenuti in sede dibattimentale: ininfluenti. Anzi il procuratore wanna be Pablo Escobar, aggiunge che il Graziano: “si faccia forza del suo mestiere, della sua divisa”.

L’arbitro siciliano, quarto in graduatoria, attende a fine stagione la promozione in CAN 5 Elite, ne passano 25. Il suo nome, però in quella lista non c’è. A questo punto del racconto il lettore difficilmente si stupirà di questo risvolto. Il protagonista però lo è. Presenta ricorso. Rigettato perché ha raggiunto il limite d’età, 41 anni. Limite che dalla stagione successiva non esisterà più.

Ignaro inoltre che sulla sua testa penda un deferimento: “per avere: redatto in modo non fedele, superficiale e approssimativo il referto di gara della partita… omettendo di segnalare fatti avvenuti a fine gara… fatti poi segnalati con un supplemento di referto, non richiesto e inviato dopo l’omologazione della gara”.

Nel corso del procedimento di primo grado, in video-conferenza il Procuratore D’Onofrio, chiede 14 mesi di squalifica. Una pena che se erogata estrometterebbe Graziano dall’AIA per dieci anni.

Quattordici mesi per aver presentato un supplemento di referto non richiesto. I fatti non hanno alcuna importanza, non le circostanze rilevate nella nota. Conta solo la sentenza: sette mesi.

La difesa di Graziano presenta appello e anche il procuratore D’Onofrio, che ribadisce la richiesta della pena. Però il narcotrafficante capo della procura degli arbitri fa giusto in tempo a presentarla. Dieci giorni dopo verrà arrestato ancora e finalmente condotto in carcere.

Seguirà il commissariamento della struttura, il risibile tentativo di contenere il danno di credibilità e d’immagine di una categoria che vive e sopravvive avvolta da una fitta coltre d’omertà e servilismo.

Forse ora il commissario provvisorio che ha deciso di riaprire l’inchiesta, scoprirà qualcosa. Magari non ci sarà più un narcotrafficante a decidere della rettitudine regolamentare degli arbitri.
Magari.

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