Caffè Corretto – Pizza Connection

Lunedì d’inizio anno. Avrei voluto usare come titolo: Pizza Gate. Sarei rimasto però, vittima della mole di articoli che parlano di un “pizzagate” molto più famoso. Ma quella è una storia, complottista, ormai vecchia di due cicli elettorali presidenziali negli Stati Uniti.

Questa del futsal è decisamente meno elaborata, molto più casereccia. Coinvolge l’attuale numero uno dell’italservice Pesaro Calcio a 5 e dell’omonima azienda marchigiana. In una recentissima nota della stessa società di futsal, il presidente Pizza raccontava d’un retroscena a commento dell’approdo del nazionale argentino Borruto in quel di Napoli.

L’ex Montesilvano, Pescara, Acqua e Sapone, Cristian Alejandro Borruto pare avesse una sorta di gentleman agreement con il sodalizio marchigiano. Svincolo, motivi familiari, ritorno eventuale in  Italia fanno da contorno a questo “Caso Borruto”.

Nel piccolo mondo antico del calcetto italico anche nei comunicati si tende a confondere il piano umano del rapporto con gli atleti che ricordiamolo, vengono pagati per svolgere una attività, e il piano professionale.

I giocatori sono retribuiti allo scopo di vincere le partite. Non devono essere simpatici amici del cuore. Ricevono un compenso. Sono lì con indosso quei colori per svolgere una professione.  Anche aggiungendo un investimento emotivo, questo non muta il fondamentale rapporto tra le parti: il denaro.

Dalla sponda argentina di questo caso, non arriva alcuna replica. Giusto così. Come lo avrebbe consigliato il mai abbastanza compianto Mino Raiola: quando ti riferiscono di qualcuno che parla male di te, fai una pausa, scrolla le spalle e aggiungi: “non me ne frega un cazzo”.

Se uno sport, qualsiasi esso sia, vuole diventare adulto è indispensabile che abbandoni, l’atteggiamento fanciullesco riguardo ad un rapporto che è regolato dal denaro. I giocatori lavorano per la squadra, nella maggior parte dei casi. Facciamo in quasi tutti.

In tutte le discipline agonistiche altamente competitive in virtù del supposto talento di alcuni atleti a questi si perdonano atteggiamenti e comportamenti, socialmente poco in linea con i principi della convivenza civile. Non devo ricordavi vero il recentissimo caso di Cristiano Ronaldo vs ManUnd? Quando però il loro apporto agonistico al risultato è vantaggioso.

Diventano poi deprecabili quando fanno vincere, altri. I giocatori vinceranno, baceranno maglie, saranno felici di essere approdati in una squadra, di fare del proprio meglio e poi proseguire la loro carriera dove preferiscono, per ragioni che non devono motivare a nessuno, spesso nemmeno a loro stessi. Una questione di soldi e d’istinto.

Ma queste restano questioni divisive. Come lo sono spesso le vicende che si muovono intorno ad un pallone. Prendo a prestito le parole del papà di Mino Raiola questa volta: “nella vita incontrerai persone. Metà di queste ti amerà, l’altra metà ti odierà”.

Nel calcio a 5, che è un calcio più piccolo in cui ci si conosce tutti, si finisce con il confondere i rapporti professionali con quelli personali. Le opinioni sulle prestazioni sportive diventano valutazioni sulla qualità umana. C’è una intera retorica familiare che cozza con violenza con la supposta voglia di professionalizzarsi di questo movimento.

Ben vengano quindi le polemiche e le rivalità. Sono parte integrante del prodotto, la sua capacità di espansione passa anche da questo. Ad ogni tentativo di narcotizzare la conversazione, ad ogni post di retorica bucolica, ad ogni comunicato copiato e incollato, si uccide il racconto sportivo e si lascia crescere la ramaglia del luogo comune inginocchiato.

Total
0
Shares
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Related Posts