Entro io

Una frase ascoltata per caso. Genera un effetto domino di pensieri e riflessioni. Permette a immagini di riaffiorare e a parole di comporsi.

Finale Scudetto, Gara 3.
“Chi se la sente, chi non sta male?”
“Entro io, mister”.

Io ha una voce che se l’avete ascoltata almeno una volta, vi chiedete come è accaduto a me, se è reale. Gioca a futsal, come poche sue compagne, sono davvero capaci di fare.

Io è mancina, con quel sinistro e un pallone, compie gesti che io non riesco a fare nemmeno con le mani. Ma nemmeno molte delle giocatrici di Serie A.

Io è rotta da quasi due anni, forse più ma come scriverebbe Galeano: “quale giocatore non gioca con dolore”.

Io ha un nome con la K in mezzo dove solitamente c’è una C. Doveva vincere almeno un Futsal Award, così sostiene la giocatrice che l’ha vinto al posto suo.

“Quella è personalità”. Ha chiosato una sua compagna di squadra. Una di quelle con l’abilità di essere raramente banali.
Poi ha sorriso.

Io è sempre accigliata. Sembra impegnata con qualche difficilissimo compito in classe. Di Io, ho un centinaio di foto e non sorride nemmeno in una.

Io non ha nemmeno i social e quindi le sue foto, diventano quelle che erano un tempo. Testimonianza. Non leggerà nemmeno queste di parole, ma forse sono più per me, che per lei.

Di Io, ho una maglia sul muro. Di uno scudetto, vinto da protagonista come era accaduto per quello immediatamente precedente, sempre in Italia. Io è un numero dieci, uno vero.

Lei ha un talento così cristallino che a vederlo piegato e piagato dal dolore quella sofferenza s’allarga fino agli spalti, a quelli che osservano con attenzione e riconoscono quell’infinitesimale particella di classe che la rende unica.

Mi ricorda Alvise Zago, se non sapete chi è, mi dispiace ma è solo colpa vostra. Ho lo stesso timore di non vederla mai più illuminare il campo con quel tocco mancino.

La osservo giocare. Cerco l’attimo in cui il suo corpo e il suo ego riescono a trovarsi nello stesso istante del presente. Arriva un passaggio “no look” in profondità, un assist di tacco.

Si muove e non è certo agile o veloce, non adesso. Eppure si trova sulla linea di passaggio avversaria. Vede il gioco prima che questo si palesi davanti a tutti.

“Your ego is writing checks your body can’t cash”. C’è sempre la citazione cinematografica. Questa è una immortale, come quella pellicola, come il suo compianto regista.

William Gibson vi direbbe attraverso uno dei suoi personaggi che il talento è quella irriproducibile e non trasferibile, capacità di cambiare in maniera unica quel presente che tutti ritengo immutabile.

Jessika Manieri è così. Esattamente così.

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