Caffè Corretto – Il Paradiso può attendere

La rete sfruscia forte, ma non la sente nessuno in campo. Dall’angolo destro dell’area di rigore, Greta Ghilardi infila il pallone all’incrocio dei pali, della porta avversaria. Quello vicino a lei, quello dalla traiettoria più difficile.

Un gesto, una occasione, l’unica. Quella decisiva.
Gli instanti successivi passano come se gli ingranaggi dell’orologio fosse incastrati, bloccati dai grani di una clessidra rotta.

Sulla panchina bianconera, Marco Calegari potrebbe rompere l’incantesimo, poi rassicura l’arbitro che non sta assolutamente, protestando. Lui è una sorta di custode, della magia di Greta.

Il gol di Bortolini, il pareggio di Puttow e quella partita che tutte provano a vincere, sembra incastrata sul pareggio. Fino all’espulsione di Coppola. Poi quei lunghissimi istanti finali. Le ragazze di San Donato Milanese, fanno tutto quello che t’aspetti da una squadra giovane e anche quello che farebbe una squadra esperta.

Prova a segnare il terzo gol, non tiene palla, non gioca con il cronometro. Peccati d’esperienza, quella che manca. Quando non t’è mai successo, come puoi sapere. Si arrocca poi, a difendere il portiere di movimento avversario, come se ne andasse della loro vita. Ogni centimetro difensivo, aggredito. Le spalle al muro.

Al fischio, le lacrime. Perché ricordate che le donne piangono, anche quando vincono?
Perché credo che alle volte si sente proprio il bisogno di piangere. Anche per dire, solo: “ce l’ho fatta!”. Per mostrare ad altri che dietro una palla, un parquet, c’è molto altro.
Tante vite, tante speranze, tanti sacrifici, tanti miracoli, sognati fin da bambini.

Gaby è in ginocchio, Greta avvolta dagli abbracci. Credo d’aver visto sorridere anche Flavia. Si, questo è il tempo dei loro nomi, perché le imprese, molti le ricordano solo per il cognome scritto sule spalle. Oggi però è quello è uno dei dettagli, ad aver fatto la differenza.

Chiuderanno queste donne, la stagione, probabilmente ad un punto dai play off. Non realizzi una impresa del genere senza mettere il tuo nome, quindi tutta te stessa, in una corsa che a tratti sembrava, disperata.

It’s March Madness. Il torneo di basket universitario negli Stati Uniti. È tempo, quindi, di Cinderalla Stories. Di storie di Cenerentole sportive, d’improbabili eroi. Il tempo per le ragazze della Kick Off.

Ricordo le voci d’inizio stagione. “Non si iscrive”, “Squadra di A2”, “Sono già retrocesse”.
A prestare davvero attenzione, in quel gruppo si potevano scorgere, invece, tutti gli elementi delle favole.

Sembra quel lontano 2017, ancora. In un pezzo d’Italia, lontano. Con maglie diverse, un blasone da onorare e la voglia di mollare. Finì anche allora con un miracolo fatto di gol, quarti posti e quelle donne che a sentirsi rifiutate da altri, diventano letali.

Grazie a voi, tutte. Piccole donne in bianconero. Ho sperato, fortissimo, che mi regalassero questo finale. Perché tra cacciatori di figurine e cantori dell’ovvio, loro sono un dono. Quello che trovi quando non puoi appoggiarti a qualche occasionale, a una divinità sportiva piovuta dal cielo.

Se c’è però, una donna che m’ha sorpreso, quella è Thalita.
“Ogni giorno, in ogni aspetto della vita, persone normali, fanno cose straordinarie”. Thali è un giocatore “normale”, uno di quelli che quasi non t’accorgi che c’è. Pronta a scaricare il pallone, affidarlo a chi ha più talento, a quelli che si prendono le responsabilità.

In questa stagione, è toccato a lei. Essere quella alla quale passano il pallone, quella che ha trasformato la sua normalità in eccezionalità. Accanto a lei, trovate Jessica. Il capitano che vorreste avere tutti, per le qualità della donna dentro al giocatore.

A guardare Gaby, forse ci si sofferma all’ovvio dei suoi social. Invece lei porta un sogno con se. Più grande delle sue spalle e non ne resta schiacciata. Luiza che arriva in una squadra che ha visto Miuda diventare più grande, potrebbe rimanere seppellita anche solo dall’idea del paragone. Lei, non si perde mai d’animo. Tra infortuni, assenze forzate e un paese tutto nuovo intorno a lei. Il suo tiro da fuori, tira fuori tutte, insieme.

Heaven can wait. Almeno per oggi, il Paradiso può attendere.
Per lasciare che queste ragazze si godano, la loro favola. Quella che se non l’avete notata, vi siete persi qualcosa.

L’inafferrabile signor Jordan, del 1941. Il Paradiso può attendere, 1978. Infine il sequel, Ritorno dal Paradiso del 2001. Tre pellicole per una favola che cambia aspetto, al mutare della luce che l’illumina. Come la vostra.

In un mondo del futsal, dove il noioso è un prodotto allettante per tutti, io scelgo voi. Ancora, anche se ora conosco il finale. Lo farei come se lo ignorassi. Perché voi siete quello che gli altri non guardano, quello che non serviva.

Il noioso è al di là di ogni pensiero creativo, non crea attesa. Tutti si sento appagati, allora nessuno è insoddisfatto. Voi rappresentate l’occasione di spezzare quell’incanto fatto di luoghi comuni, accidia e de-pensiero.

Voi siete state l’esatto contrario. Non avete cercato di nascondere le vostre debolezze, pur cercando di migliorare. Avete sofferto nelle sconfitte, non mascherandole da accidenti pieni di scuse. Siete meravigliosamente imperfette, fragili e poi fortissime, alla fine e fino alle lacrime.

Siete l’alba dopo una notte, lunga e difficile. In piedi tutte sulla spiaggia, abbracciate. Perché se al di là di quel mare, c’è una sofferenza, più forte della vostra, più letale, oggi potete ricordare a voi stesse: la notte, non è per sempre.

PS.
Rubatele se necessario quelle maglie. Portatele via con voi. Questa è una stagione da stringere forte, quando arriveranno ancora momenti difficili. Come una coperta di Linus.

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