Il viaggio di Ana

Il Portogallo, bi-campione d’Europa di Futsal, torna in patria. Ad accogliere la squadra, il lunedì successivo, nel palazzetto di Belém, molti giornalisti. Nella conferenza stampa, il capitano dei lusitani, João Matos, ha ringraziato in particolare, quattro persone. Uno dei ringraziamenti era diretto inaspettatamente ad una persona.

“Voglio ringraziare Ana Azevedo, il capitano della nazionale femminile, che ha guidato nella notte fino a Madrid per prendere un volo per Amsterdam, perché non c’erano più voli disponibili dal Portogallo, per assistere alla nostra finale. Questo mostra quanto il legame di questa famiglia sportiva sia sincero.”

Già ma alla fine, chi è Ana Azevedo.
Questa è una di quelle storie improbabili dello sport di oggi, Nata a Famalicão, Ana gioca da sedici anni (16) nello stesso club, il Vermoim.

Stop.
Vermoim, era la squadra di Filipa (Medes) in Portogallo. Quindi in qualche modo, questa storia è anche quella di “Fili”, di amori sportivi, d’appartenenza, di sogni e di coraggio.

Il Vermoim, non è certo una di quelle squadre capaci d’offrire il palcoscenico di Benfica o Sporting Lisbona, eppure Ana (Azevedo) ha rifiutato più di una possibilità di giocare all’estero, la più recente nell’Atletico Madrid.

Il suo mondo s’è radicato intorno alle sue origini, non solo sportive. In un misto di gratitudine e riconoscenza, Ana Azevedo ha scelto di indossare una sola maglia, di rappresentare un solo club, quello che sente come suo.

Una carriera che non s’è limitata al campo, dove continua a giocare quaranta minuti a partita. Ana è anche l’amministratore delegato di una azienda di cosmetici, di sua proprietà.
Una donna d’affari di successo e uno dei pilastri della nazionale. Certo a 35 anni, le due sessioni d’allenamento settimanali e quella in palestra chiedono un tributo alto al suo corpo, consumato da fatiche, non solo agonistiche.

L’idea di recarsi ad Amsterdam per la finale, inizia a maturare nella mente di Ana, nei giorni che precedono la semifinale con la Spagna. Consulta distrattamente l’elenco dei voli, la Spagna è un avversario temibile per i lusitani. La vittoria non è certa.

Attende quindi, l’esito della semifinale. Un viaggio “last minute”, nel senso letterale del termine. Sabato notte, la decisione, il pensiero di quel viaggio aveva scavato un solco nel suo cuore ed era diventato un desiderio.

Non ci sono però voli con destinazione Amsterdam, in partenza dal Portogallo. Ne trova uno da Madrid che parte alle 7.05 del mattino. Raduna tre amici, due dei quali giocano a futsal e s’imbarca in questo viaggio. Insiste per guidare fino alla capitale spagnola.

“Di solito m’annoio a guidare e in viaggio preferisco dormire. Questa volta l’adrenalina, l’entusiasmo e il desiderio d’esserci mi hanno tenuta sveglia”. Quando parcheggiano l’automobile all’aeroporto di Madrid, l’orologio segna le 06.00.

Imbarco, pisolino in volo e arrivo ad Amsterdam. In tempo per vedere anche la finale per il terzo posto tra Spagna e Ucraina. Ventiquattro ore senza chiudere occhio. Ripagati dal titolo europeo del Portogallo, in una di quelle cornici di pubblico entusiasta, contenuta a stento dalle restrizioni COVID.

Le parole di João Matos, non sono solo il riconoscimento formale. Rappresenta la reale partecipazione, emotiva alle vicende sportive del futsal, anche al femminile. Non è infatti una novità la presenza pro attiva di giocatori della nazionale maschile agli eventi che coinvolgono la (nazionale) femminile.

Ricardinho era presente alla sfortunata finale per le lusitane, dell’Europeo di Gondomar in 2019. Molti giocatori, come lo stesso Matos, supportano l’attività femminile ad ogni occasione possibile, compatibilmente agli impegni istituzionali.

Una unità d’intenti che non si limita alla rappresentanza, è fattiva collaborazione, attraverso incontri e clinic. É condivisione di difficoltà, anche psicologiche, perché rappresentare il Portogallo, non è un punto d’arrivo. Costituisce l’inizio di una missione.

Nella quale il fine è compiere l’impossibile, soverchiare le difficoltà, andare oltre l’impegno. Se qualcuno nutrisse dei dubbi sulle capacità delle donne lusitane di realizzare l’improbabile, bene. Ana Azevedo ha un viaggio pazzesco che testimonia il contrario.

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