La bellezza non è un male nello sport

Calcio a 5 Femminile in Italia: La Diaspora dei Talenti Stranieri

L’assurda calura di questa infuocata estate italiana ha segnato nel calcio a 5 femminile di Serie A, una importante diaspora di talenti. Soprattutto stranieri. Da Vanin a Stegius, passando per Bortolini, Marcon e Lanziloti. Nell’anno del primo storico mondiale femminile il tasso tecnico di questa Serie A s’impoverisce, sicuramente.

Di tutte quelle volate verso casa, il talento svedese, intuizione dell’uomo nell’Alto Castello, [nota a margine: è una citazione a metà tra il letterario e il cinematografico con un comune denominatore Philip K. Dick. Fine nota a margine.] è forse la giocatrice che lascia più rimpianti dal punto di vista dell’utilizzo fuori e dentro il campo.

Madeleine Stegius sarebbe potuta essere per il calcio a cinque italiano quella che Alisha Lehmann sarà, ma già è, per la Juventus Women e il calcio femminile italiano: uno straordinario strumento pubblicitario. Inutile continuare invano a reclamare la superiorità in termine di spettacolo d’una disciplina quella del calcio a 5 che fatica a superare il pugno di spettatori dal vivo e le poche centinaia online.

La bolla attuale del calcetto a 5 italiano è troppo piccola per sostenere economicamente la disciplina. In molti casi non la ritiene nemmeno degna d’un investimento in denaro, tra biglietti e pay-tv si sono sprecate le rimostranze dei tifosi. Ha quindi bisogno di personaggi, di catalizzatori.

Madeleine Stegius poteva esserlo, come potrebbe esserlo la brasiliana Natália Detoni, che fa una stories mentre le laminano le sopracciglia. Come lo è Olivia Dunne per la ginnastica in NCAA, come lo è Angela Reese per la WNBA. Nel giusto rapporto di forze e popolarità.

Cos’ha il calcio femminile che il calcio maschile non ha? Condividono le giocate, il campo, il pallone, i gesti atletici, ma uno dei due sport ha la possibilità di esprimere un tipo di bellezza che esula da quella prettamente atletica. Capace di avere un eco positivo nella grande fetta di mercato dei potenziali acquirenti del prodotto: il genere maschile.

Se voglio guardare le schiacciate spettacolari nel basket, guardo la NBA, l’atletismo degli uomini è biologicamente superiore. Quello che non posseggono è l’appeal di Kysre Gondrezick che fa eco con brand di fashion che sono solo marginalmente interessati alla controparte maschile.

Il calcetto a cinque femminile invece continua a restare ripiegato su uno schema di comunicazione che non solo non permette di bucare la sua bolla, risulta perfino vecchio e nel web tutto invecchia straordinariamente presto. Guardate i video, i reels, le stories della giocatrice media di futsal che s’allena. Un susseguirsi di abbigliamenti giustamente da fatica: donna sudata, palestra spartana. L’equivalente di guardare un contadino di mezza età sotto la canicola agostana piegato a raccogliere le patate.

La WNBA ha trasformato l’arrivo negli spogliatoi delle sue atlete in una passerella degna della settimana della moda di Milano. Il calcio a 5 italiano che è anche a Milano continua a raccontarci di atleti sudati che giocano a pallone. È una dura realtà da digerire, ma se chiedete ad uno spettatore di guardare atleti sudati che giocano a pallone, quegli atleti saranno degli uomini.


Se però non interessa vendere il prodotto e il suo centro è l’aspetto sociale ed inclusivo allora quella attuale, un po’ casareccia e caciarona è quella certamente più adatta. Ha il vantaggio di non richiedere particolare sforzo o studio, di non suscitare alcun interesse se non quello d’esser per tutti. Ma suscita lo stesso interesse di osservare la polvere accumularsi sui mobili all’Ikea.

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