Caduti dal Pero

Manca ovviamente la comunicazione ufficiale. Il Pero neopromosso nella massima divisione sembra rinuncerà alla massima categoria. Dopo una promozione festeggiata “all’americana” nella “Vista Vision Arena”, pare non abbia provveduto a versare la quota d’iscrizione alla Serie A femminile.

Si narra che nell’intera Lombardia non ci sia una struttura adatta ad ospitare la squadra di calcio a 5 femminile del Pero. Una che risponda ai requisiti minimi per la massima serie. Così alla vigilia della nuova stagione. Scopre di non avere un campo adatto, come se si fosse trascorsa una stagione in cadetteria allo Staple Center che all’improvviso è stato demolito. Oppure risucchiato da un vortice dimensionale.

In questa disciplina che in tanti vedono in espansione e in salute accade ancora di assistere alla promozione di squadre in Serie A che scoprono cadendo dal proverbiale albero da frutto, il pero che i costi per sostenere una dignitosa Serie A non sono nemmeno lontanamente vicini a quelli di una B. L’idea che si possa continuare a competere in un para professionismo con le risorse degli amatori è il più grande inganno perpetrato ai danni della disciplina.

Spariscono realtà con venticinque anni di militanza sui campi, come la Virtus Ciampino. Squadre che s’iscrivono alla A per poi sparire dopo un paio di stagioni, la Bellator vi dice nulla? Altre che sopravvivono almeno fino a quando le giocatrici già disponibili sul territorio continueranno la loro attività agonistica. Questa è la Serie A femminile di calcio a 5 in Italia.

Se scendete di categoria quella che si prospetta è una moria pandemica: Nox Molfetta, Futsal San Severo, Prandone, Alta Giudicarie, Atletico Viareggio, Vallecrosia e Carissimi. Sport in salute, con ampie prospettive di fusioni e rinunce.
Tutto bene in Viale Tiziano? Nessun mea culpa, nessuna responsabilità vero?

Il Pero non è una eccezione, è la consuetudine. Prima si festeggia e poi si guarda alla realtà. Si continua ad inseguire la coppa di plastica invece della sostenibilità, la gloria personale invece della crescita, si vezzeggia il proprio ego e poi all’improvviso ci si scopre con mezzi economici limitati.

S’affacciano così i fautori della “Scala Mobile” perché chiamarlo Salary Cap è un insulto alla minima decenza cognitiva. Si pretende di contenere i costi in maniera artificiosa, salvo poi sconfessarsi quando si è abbagliati dal luccichio della plastica ben lucidata. In paesi a capitalismo avanzato e in discipline che aspirano al professionismo gli strumenti coercitivi non funzioneranno mai.

Competere al ribasso non ha mai ottenuto risultati positivi. Nemmeno in una economia autarchica, estremamente protezionista. Figurarsi in una economia sportiva globale. Lì fuori c’è qualcuno che crede che la pratica del calcetto a cinque, anche al femminile, sia un hobby, qualcosa da praticare mentre si svolge una professione principale?

Se la risposta è sì, allora smettetela di raccontare la storiella dello “sport in espansione” e sostituitela con “hobby diffusissimo”. Se la sua valenza è sociale, aggregativa allora non è importante la qualità dello spettacolo, ma la sua capacità di essere inclusivo e allora dentro tutti, gratuitamente.

Salvo poi ricredersi quando l’importante diventa vincere, essere acclamati dai propri concittadini, essere il Presidente. Come se Benito Fornaciari-Valli non avesse insegnato nulla. Eppure quella pellicola è datata 1970, ma da allora i Borgorosso Football Club non sono mai mancati.

La vicenda di questo Pero che scopre di non poter competere con limitate risorse economiche è il risultato di una narrativa confusa e spesso volutamente fraudolenta. Quella che trasforma 4500 persone in 45000, in un grande successo di pubblico, un singolo incontro una volta l’anno. Nemmeno fosse il Superbowl.

Una narrativa che le giocatrici accettano e tollerano. In quale altra attività lavorativa s’accetta d’essere retribuite con ritardo di svariati mesi, se non addirittura nell’annata successiva ma solo a seguito di una legittima sentenza. C’è un momento nel quale se vi raccontano una balla, palesemente una balla e voi continuate a crederci, siete complici.

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