Se capitate su queste pagine probabilmente vi siete persi, oppure siete degli appassionati di futsal che conoscono già il risultato delle partite disputate. Soprattutto se si tratta della Final Four di UEFA Futsal Champions League.
Non vi frantumerò a grana fine l’attenzione ricordandovi per l’ennesima volta che quella che si disputa nella capitale Erevan (questa volta con la dicitura italiana) è l’unica vera Champions League del futsal. Non ribadirò nemmeno che si tratta di una Final Four, niente eight or six.
Vi invito però a rivolgere lo sguardo agli spalti, di una arena vera, non una simil palestra con gli spalti così bassi che il tetto lo potete toccare con un dito. La prima domanda che sorge guardando all’insù è: “da dove diavolo sono spuntati tutti questi portoghesi”. Quella successiva potrebbe essere “perché sono già a torso nudo”. Alla seconda posso rispondere velocemente, nell’arena è decisamente caldo e se decidete che per rinfrescarvi assaggiate la birra locale, gli effetti sul vostro corpo potrebbero essere quelli di una traversata del Sahara.
In direzione orizzontalmente opposta s’agitano rumorosi un manipolo di bimbi con indosso la maglia del Barcellona, quello di calcio. Come è possibile distinguere le due casacche? Gli sponsor sulle divise da gioco sono diverse. I bimbi sono animato da uno spirito da ultras che in uno stadio, con un pubblico più tradizionale non garantirebbe la loro incolumità. Si sentono al sicuro e lo sfottò verso gli avversari è libero.
Come ci sono arrivati questi tifosi in questo angolo d’Asia? Perché sono qui. Una domanda lecita quando i proviene da un paese che fa fatica a spostare anche solo poche decine d’appassionati da un lato all’altro della stessa nazione. Questi hanno viaggiato quasi fino al confine della loro area continentale.
Gli esperti di marketing definirebbero questo effetto: il potere del brand. Gli psicologi comportamentali darebbero allo stesso fenomeno una definizione più scientifica: l’effetto tribale. I tifosi dello Sporting Lisbona presenti sugli spalti di una arena in Armenia non rispondono al richiamo semplicemente dello sport, ma allo spirito d’appartenenza, appartengono ad una tribù.
Lo Sporting Lisbona non è solo una società sportiva. Trascende il suo scopo agonistico funzionale per diventare un polo d’aggregazione, un simbolo per una comunità. Costituita principalmente da uomini tra i 16 e i 35 anni. Questa è la composizione anagraficamente tipica di ogni gruppo ultras al mondo. Niente bimbi, poche donne sparute, niente famiglie. Decisamente rumorosi, chiassosi e rispettosi d’un tifo che è sempre per e raramente contro. Tradotto niente sputi dagli spalti.
Sipario sull’incontro, tifosi portoghesi delusi che accolgono i giocatori con un malcelato malcontento poi gli abbracci. In fondo lo Sporting Lisbona ha ceduto solo ai rigori e lì accade di tutto e anche il contrario di tutto. That’s the Champions League folks!