Quando sono arrivato al futsal dal football americano italiano, c’era già una FIDAF TV. Trasmetteva tutte le partite della Prima Divisione e i grandi eventi, come le finali su campo unico in un lunghissimo weekend. A scrivere che da allora sono quasi passati 15 anni fa anche un po’ impressione, a me.
Il futsal allora aveva ancora le dirette fatte con lo smartphone, su Facebook, una roba orrenda. Il football americano era passato da Twitch a YouTube e back to YouTube. Una vivacità quella degli attori del “frosby” italico influenzata sicuramente dall’esposizione al prodotto sportivo “televisivo” d’oltreoceano. Il football americano tricolore aveva i podcast prima che fossero mainstream.
Oggi, seguendo un trend generalizzato sul tubo hanno varato un piano a pagamento, un piano supporter. La FIDAF, la federazione italiana, ha così deciso di offrire alcuni dei contenuti a pagamento, lasciando una gara a settimana, il “game of the week” free per tutti.
Non è la prima volta che accade, non sarà l’ultima.
Come era facilmente prevedibile, molti degli utenti si sono sentiti “munti” da una organizzazione che vuole monetizzare la loro passione, così direttamente. Ma non accade in tutti gli sport? Qual è uno dei discrimini che non fa sentire l’utente-cliente-appassionato costretto a pagare un biglietto?
La risposta è facile, almeno in questo caso.
Il valore percepito del prodotto. Valore emotivo.
Spesso chi è particolarmente appassionato di qualcosa, anche sì di una disciplina sportiva, fatica comprende le ragioni che inducono invece una grande maggioranza di persone ad ignorare quella pratica sportiva. Questa difficoltà di comprensione spesso conduce ad una ipervalutazione del valore che ha e come diretta conseguenza quella di danneggiare il valore del prodotto.
Il valore dei “diritti” aveva senso diciamo almeno fino a vent’anni fa. Oggi, la maggior parte dei prodotti di spettacolo sportivo emersi dal miasma variegato di discipline agonistiche, offrono le loro partite gratuitamente. Hanno scelto di puntare ad una monetizzazione diversa. Hanno riportato al centro lo spettacolo dal vivo.
L’idea è questa, provo a raccontarla con estrema semplicità. Tutti possono vedere l’evento, ma da vivo avrete maggiori vantaggi, unici. I posti sono limitati e per questo costano una cifra che sborserete perché sarete gli unici ad esserci. Come in ogni campagna di marketing che si rispetti c’è sempre una piccola menzogna di fondo. In questo caso è “limitati”…i posti non lo sono ma una percepita scarsità aumenta artificiosamente il costo del biglietto.
La Kings League ad esempio davvero permette solo ai VIP di essere presenti all’evento. Mentre gli esport che tengono i loro eventi principali in Europa in una arena da 11 mila posti, ti fa pagare il privilegio di essere tra quegli 11 mila ma certa di trattare tutti i suoi spettatori come VIP.
Gli sport che non riescono a monetizzare il loro pubblico in questo modo potrebbero avere un problema che non è legato alla tecnologia. Il loro prodotto potrebbe onestamente, non essere abbastanza interessante da generare un pubblico appassionato.
Non importa quando bello, centrale, glamour sia il vostro bar se il caffè che offrite non è gradito (volevo scrivere fa schifo ndr) agli astanti, non importa quanta pubblicità fate, nessuno vi pagherà il prezzo che pensate di meritare. Sono cosciente che questa è la parte più difficile da comprendere, da digerire.
Perché la passione spesso offusca il giudizio. Nessuna personalissima passione però può cambiare il valore d’un prodotto. Esiste altresì una condizione che vi permette ad esempio di dipingere ed essere felici. Anche se i vostri dipinti non finiranno mai esposti in una galleria d’arte a New York o Parigi. Non è destinato alla grandeur però vi rende felici farlo e lo fate.
Gli sport minori, che siano il “frosby” o il “calcetto a cinque” tricolore dovrebbero valutare la possibilità che oggi, anno del signore 2025, il pubblico preferisce vedere in massa la Kings League Italia che il loro bellissimo sport. Che varcati i confini alpini milioni di persone giocano a Mobile Legends e guardano gli streaming e hanno solo una vaga idea della loro disciplina.
Maturare questa consapevolezza potrebbe aiutare gli sport minori a trovare una più efficace narrazione sportiva.