Una delle squadre più vincenti del futsal spagnolo è destinata a scomparire. Travolta dall’abbandono del suo sponsor principali. Lì sulle sponde della Galizia si consuma una di quelle tristi storie sportive che punteggiano troppo spesso la disciplina del calcio a 5, non importa la latitudine.
Una delle poche realtà a vantare una squadra maschile e una femminile nella massima divisione iberica, il Burela vive una lunga agonia economica. I risultati non mancano, le ragazze continuano a battersi per la vetta della classifica nella propria categoria.
Mancano però drammaticamente le risorse. I soldi.
Eppure questo è uno dei club più vincenti di sempre. Ma non importa. Non nello sport al femminile. Questa vicenda s’intreccia con una lezione importante che però in pochi riconoscono e comprendono. Le discipline al femminile, in questo caso il futsal, sono estremamente precarie. Precarie.
Non importa quante titoli, quante coppe dalle più svariate forme ci siano nella bacheca, non importa nemmeno se avete vinto la UEFA Champions League, quella vera (Montesilvano maschile ndr). Se lo sponsor principale tira i remi in barca e nel caso dello sponsor del Burela si tratta di una citazione letterale, le squadre chiudono. Muoiono.
Anche se profondamente inserite nel tessuto sociale locale, com’è il caso del Burela. La sostenibilità economica di una società non è in alcun modo direttamente proporzionale all’impatto emotivo che ha su un ristretto numero di persone. Ristretto, perché questo è uno dei problemi.
L’altro è il mecenatismo, quello che vagamente maschera l’egotismo. Quando il denaro è investito senza preoccuparsi della sostenibilità, le società sono destinate a scomparire, la possibilità di avere successo in una disciplina spesso è inversamente proporzionale alla sua popolarità. Meno popolare, meno praticanti, più facile radunarne i pochi capaci e vincere.
Il futsal, quello italiano ad esempio, è paradossalmente, estremamente meno costoso del calcio. Il costo di una compagine che aspira a vincere il titolo nazionale maschile di calcio a 5 è paragonabile ad una “onesta” serie D di calcio a 11. Oppure a voler essere più taglienti, al debito di una “disonesta” squadra di Lega Pro.
In tutti i casi citati, non esiste un modello di business, un modello che utilizzi la momentanea disponibilità di uno sponsor per costruire una base di clienti. Ammesso che ce ne siano. Ma quello è un diverso argomento per una discussione molto lontana da questa.
Mentre tutte le discipline, a partire del Padel, che sono emerse negli ultimi anni hanno avuto come perno centrale della proposta sportiva, un modello di business. Che però ricordiamo ha un senso se esiste un pubblico, dei clienti, potenziali. L’inesistenza fattuale di investitori interessati per il ricavo che ne possono trarre ad investire in una disciplina come il calcio a 5, è una delle principali cause della sua marginalità.
Il Burela non è la prima squadra di successo a chiudere, non sarà l’ultima. Il futsal è prigioniero del suo mecenatismo, d’un vetusto modello di sport, d’una egotistica visione di se stesso. Costretto a ripetere all’infinito il suo giorno della marmotta.
Buona Fortuna, futsal.