Quanto valgono a livello sportivo e agonistico, gli scontri diretti in un campionato che assegna il titolo con la formula dei playoff? Nulla, o quasi. Se fossero davvero indicativi, determinanti i Philadelphia Eagles non avrebbero mai dovuto vincere il Superbowl contro i Kansas City Chiefs.
Esistono appunto le eccezioni. D’altro canto esistono anche le tendenze statistiche. Come quelle che rappresentano il record del Pescara di futsal femminile quando affronta squadre che occupano in classifica i primi 4 posti. Statisticamente le biancoazzurre sembrano incapaci generalmente di perdere.
Quello che preoccupa statisticamente è l’incapacità di vincere. Di chiudere partite a fronte di un apparente strapotere fisico. In un campionato con solo 13 squadre, al di fuori delle prime 4, ci sono realtà che faticano a competere, come racconta il divario in classifica.
Questi “big match” diventano quindi le uniche prove davvero competitive per queste squadre. Le uniche partite vendibili ad un pubblico occasionale. Indicative d’una tendenza, d’un trend così per usare un lemma anglofono. Nulla di più. La differenza tra arrivare primo o secondo non esiste quasi, il fattore campo è trascurabile, nei fatti e nel regolamento che cambia ad ogni capriccio del Presidente.
Incontri come questo rappresentano occasioni uniche e rare per mostrare la disciplina come potenziale prodotto. Perché i valori in campo includono i migliori talenti a disposizione. In una disciplina che ha bisogno di vendersi, il risultato finale, la coppa in simil-plastica è più importante per l’onanismo dei presidenti, che per il prodotto futsal.
Sempre però che voglia vendersi, che il fine sia essere meno irrilevante.
Sarà una bella partita? Il bello è soggettivo, dannatamente soggettivo.