Il Governo, con l’approvazione della Legge di Bilancio di fine anno, ha deciso di non rifinanziare il fondo triennale per il professionismo nello sport femminile. Questo fondo, introdotto nel 2020 attraverso il “decreto Nannicini,” aveva sostenuto il passaggio al professionismo femminile, ma finora era stato utilizzato solo dalla FIGC per la Serie A Femminile.
La decisione ha suscitato sorpresa e delusione. Soprattutto perché figure di rilievo come Federica Cappelletti, presidente della Divisione Serie A Femminile Professionistica, e l’Associazione Italiana Calciatori (AIC) avevano richiesto con forza il rifinanziamento per garantire la sostenibilità del movimento. Il fondo aveva giocato un ruolo chiave nello sviluppo del calcio femminile nel Paese.
Il fondo, istituito durante il governo Conte II, prevedeva incentivi economici per le federazioni sportive che decidevano di introdurre il professionismo femminile. Tuttavia, tra le federazioni italiane, solo la FIGC aveva aderito al progetto.
Il governo precedente aveva stanziato 11 milioni di euro per sostenere questa transizione. Questo è un duro colpo per migliaia di ragazze che, grazie al fondo AtletePro, avevano visto miglioramenti in infrastrutture, staff tecnici e medici, comunicazione e altri aspetti fondamentali per ridurre il divario con lo sport maschile.
Il sostegno statale ad una professione per quanto possa diventare volano per la crescita non può essere istituzionalizzato. L’Italia resta un paese a capitalismo avanzato, sebbene dotato di una forte struttura di sostegno sociale.
Una professione dovrebbe sostenersi attraverso autonomi canal di finanziamento. Se necessità di una qualsiasi forma di intervento statale, non è un business. Se non esiste una base disposta ad acquistare il prodotto del lavoro personale, l’azienda è destinata a fallire. La produzione d’un bene solo per generare lavoro è un principio che ricorda più i piani quinquennali dei Soviet, molto lontano dal liberismo moderno.
Lo sport al femminile e per analogia economica tutti gli sport minori, se non riescono a sostenersi finanziandosi non sono una professione, sono un hobby, un passatempo. Per quanto bello da guardare, da praticare e perfino da raccontare.