Si può vivere felici così, si può praticare uno sport ad alto livello così, si vive addirittura più sereni spesso. In alcune circostanze però l’idea che la pratica del calcio a 5 sia un lavoro, sia una missione che si svolge con la massima serietà possibile, che non lo si faccia per farsi delle amiche o cercare facile popolarità , stride forte con la realtà.
Quella in cui l’arbitro di turno, uno di quelli designati per una partita della Serie B femminile, Roberto Ancella che come riporta la calciatrice italo-brasiliana sembra abbia rivolto non proprio parole cordiali all’atleta al termine dell’incontro: ” Leva-te che finisce male “, “ Vattene che non ti conviene” , “ FENOMENO DEL CAZZO “ .
Potete leggere l’intero post sui social.
C’è qualcosa però in quel post che m’ha colpito, in particolare: la richiesta del rispetto. A tutte quelle che si sono sentite offese dal gesto di Taina di negare loro il saluto al termine della partita vorrei ricordare che il rispetto non è dovuto, non è una ineludibile richiesta. Il rispetto è meritato, concesso e sicuramente un qualcosa che si conquista.
Non è in alcun modo garantito.
Si può anche commentare che quello che accade sul campo dovrebbe restare sul campo, i comportamenti che però possono essere codificati all’interno del rettangolo di gioco sono altamente influenzati dalla sensibilità delle persone. Quel luogo non è un porto franco, nel quale tutto è permesso, non garantisce una immunità dagli eventi esterni.
Non ho motivo di dubitare della parole di Taina Santos. Non conosceremo mai la versione di Roberto Ancella, gli arbitri non parlano e hanno una arma decisamente potente: il referto dell’incontro. Sapremo mai se l’Ancella, nome omen, di turno si sarebbe comportato allo stesso modo con un atleta uomo, rischiando l’incolumità fisica? Oppure l’avrebbe fatto sicuro d’essere al riparo del suo ruolo.
Potrei argomentare che certi arbitri sono scarsi come la categoria in cui esercitano il loro hobby, alcuni sono sicuramente privi dell’educazione e della competenza necessari ad un ruolo che per quanto ingrato, è necessario all’evento agonistico. Ricordo loro che non c’è una prescrizione sanitaria che li obbliga a correre con un fischietto vestiti con colori sgargianti.
Lo rivedremo ancora il (non signor) Ancella. Ad esercitare la sua direzione di gara speriamo senza l’arroganza raccontata da Taina. Spero abbia appreso che alcuni giocatori sono decisamente ruvidi nel carattere. Giocano con estrema durezza senza essere scorretti, possono sembrare arroganti perché è facile confonderla con l’essere confidènte (notare l’accento ndr).
L’educazione passa anche attraverso racconti come quello di Taina. Facile derubricare tutto con “è Taina” meno facile è porsi della domande vero?