Tita

Il mio legame con l’Ucraina si intreccia con quello di Julia Tytova, una giocatrice che da qualche anno ha trovato casa qui in Italia. Conosco Julia personalmente, e a marzo, durante una doppia amichevole della nazionale a Taranto, l’ho rivista. C’è qualcosa in lei che mi ha sempre colpito: una determinazione silenziosa, una forza interiore che non ha mai bisogno di parole troppo grandi per farsi sentire.

Quando ci siamo incontrati, le ho chiesto come si sentisse a vivere stabilmente in Italia. Mi ha confessato che non è stato semplice all’inizio. La lingua le pesava, era una barriera che sembrava insormontabile, ma pian piano ha cominciato a sentirsi più a suo agio. Ora vive in una tranquillità che, purtroppo, da troppo tempo manca nella sua terra. Parlando con lei, sentivo quanto fosse grata di questa serenità, ma dietro i suoi occhi c’era sempre l’ombra di quello che aveva lasciato alle spalle.

Abbiamo poi parlato di futsal, di quel legame che le permette di sentirsi ancora viva, nonostante tutto. Le ho chiesto cosa provasse riguardo all’avventura della nazionale maschile ai mondiali. C’era entusiasmo nella sua voce quando ha raccontato dell’orgoglio che vedeva nei suoi colleghi. Stanno facendo un percorso straordinario, e nei loro occhi brilla la speranza di poter arrivare a una finale storica, magari vincere quella coppa che sarebbe un sogno per tutti loro. Ma, quando le ho chiesto del suo approccio personale al futsal, la risposta è stata quella che mi aspettavo: “Non è cambiato niente. Ci metto tutta me stessa, come sempre.” Julia non si risparmia mai, neanche adesso.

La conversazione ha preso poi una piega più cupa, parlando della guerra, di come le squadre ucraine continuino a giocare, anche in mezzo al caos. Mi ha detto di essere grata ai soldati che proteggono quei momenti di normalità, quei pochi spazi di vita in un contesto dove la vita stessa sembra fuggire. Mi ha raccontato della paura che ancora prova per la sua famiglia, per i suoi cari lontani, che sente ogni giorno nella speranza che stiano bene. Lei stessa ha vissuto quei momenti terribili in cui i missili solcano il cielo, e ogni istante potrebbe essere l’ultimo. Julia mi ha detto che non augurerebbe a nessuno di vivere ciò che sta vivendo lei. Ha visto la devastazione, ha conosciuto persone che hanno perso tutto – casa, famiglia, amici. Un dolore così grande da non riuscire a metterlo in parole.

Le ho chiesto un ultimo pensiero, e Julia, che ora gioca nella Solarity in Serie B, mi ha detto di sentirsi al sicuro, di essere grata alla società che l’ha accolta. Ma i suoi pensieri tornano sempre all’Ucraina. “Spero solo che tutto questo finisca presto,” ha sussurrato, con quella forza calma che ho imparato a conoscere in lei. Ogni giorno spera che arrivi la fine di questo incubo, che il suo popolo possa tornare a vivere, e non solo a sopravvivere.

Julia è una donna forte. Nonostante gli ultimi anni siano stati durissimi, ha trovato persone che l’hanno amata, che le hanno dato forza. E anche se ha visto il buio, Julia ha imparato a sorridere. Per questo la ammiro profondamente. Spero di rivederla presto, e magari, quando ci rivedremo, ci sarà una notizia che entrambi aspettiamo con speranza. Quella che ci permetterà di lasciarci alle spalle questa sofferenza, e di guardare avanti, verso qualcosa di migliore.

Exit mobile version