C’è la nuova champions league, quella del calcio ovviamente, c’è una settimana affollata dal calcio come mai probabilmente nella storia recente del broadcasting sportivo. C’è perfino un mondiale di futsal maschile che in Italia nessuno ha considerato un prodotto. Un po’ per l’assenza degli azzurri un po’ perché probabilmente non è un prodotto sul quale investire denaro.
Nel mezzo di questo marasma ci sono i Worlds 2024, il torneo annuale che assegna il titolo di campione del mondo di League of Legends. Nella prima giornata di gare, complice anche uno scontro tra titani di quello sport come MAD Lions KOI, PSG Talon e i Vikings Esports, si sono registrati 1.500.000 spettatori contemporanei. Un dato in crescita rispetto alla passata edizione. Complice anche la presenza di streamer molto noti come Ibai che ha seguito i match della squadra spagnola dei MAD Lions KOI, tra l’altro brandizzata Movistar.
Siamo solo nella frase di Play-In, quella introduttiva, i grossi nomi di questo sport devono ancora scendere in campo. Probabilmente una delle più emozionanti nella storia più recente dei Worlds e anche escludendo i dati in arrivo dalla Cina le cui piattaforme di streaming non sono del tutto affidabili, LoL è chiaramente uno sport in salute.
Nonostante l’agguerrita concorrenza di sport tradizionali, gli esport e sicuramente League of Legends che è tra le discipline prominenti, incrementano il loro spazio tra gli spettatori a livello globale. I numeri sono sicuramente impressionanti, non ci stupiamo siano interessanti per brand internazionali. Non c’è da stupirsi se il CIO li invita alle Olimpiadi, se il professionismo di questo sport è reale, se muove milioni e milioni di dollari in ricavi, netti.
Se lo sport minore che praticante, adorate, in cui avete investito, non trova il suo posto al sole, probabilmente non lo merita. Forse si vanta troppo d’un successo di numeri con solo due zeri dopo l’unico decimale. Incapace di liberarsi d’una presunta superiorità anche morale che non ha. Legato a doppio filo ad un dilettantismo che non è solo nei mezzi e nel progetto. Quel progetto che spesso non esiste.
Molti sport minori non hanno come target un pubblico, non sono confezionati per intrattenere degli spettatori. Hanno come unico reale fruitore il presidente di turno, che più spesso di quello che la vulgata comune racconta, è anche l’allenatore. Sono prodotti di nicchia per una manciata di persone, che spendono denaro per la propria gloria personale, per farsi chiamare presidente tra gli amici perché spesso “palazzinaro” in società non è bello sentirselo dire (cit. il mio ex editore).
Si finisce così con il millantare cifre, numeri, popolarità che anche se fossero veri, risulterebbero irrilevanti in un contesto di competitività globale. Perché di questo si tratta, di competere su piattaforme che coprono l’intera popolazione mondiale. Mentre molte di queste discipline faticano anche a bucare i confini del proprio paesello.
C’è davvero un problema di visione, si pensa spesso d’avere un volume di possibili fruitori così alto da mancare il reale obiettivo. Cento fruitori d’un prodotto richiedono una strategia che non è adatta ad un pubblico di mille ad esempio. Muta anche il linguaggio, perfino quello visivo.
C’è una lunga storia dietro al successo degli esport, una che non ha mai ripetuto “tra dieci anni si vedranno i frutti”, non ha mai mentito su quello che realmente era. Ora è lassù, la seconda industria d’intrattenimento al mondo.