Natália Detoni, 22 anni. Recentissimo acquisto del Benfica femminile di calcio a 5. Brasiliana, con chiare origini italiane, prodotto di quello splendido vivaio che si trova nella Prefeitura de Chapecó. Due anni passati a giocare in Kuwait ha di recente esordito anche con la maglia della nazionale brasiliana.
Accade così che l’autoproclamato campionato, e stavo per scriverlo con la B al posto della P, più bello del mondo di futsal femminile continua non solo a perdere alcuni dei suoi pezzi più pregiati, deve ancora fare affidamento sulla capacità agonistica e voglia delle veterane.
Un trend che già nella Serie A maschile continua ad imperversare, la trattativa per O’Magico al Genzano ha ormai i connotati di una novelas Lukaku, senza dimenticarsi che il giocatore portoghese ha accettato con più facilità di giocare in Indonesia che alle porte di Roma.
Così pervicace questa riluttanza ad ingaggiare giocatori giovani che si saluta l’arrivo di Rocha in quel di Torino come un evento epocale. Nel femminile però vale ancora l’usato sicuro, soprattutto se a un prezzo accettabile, che eventualmente ci si dimenticherà di saldare.
Indossare la maglia del Benfica, con tutto il rispetto possibile per le realtà territoriali italiane, non è paragonabile a nessuna casacca nostrana. È il manto sagrado. Non il volantino dell’Eurospin con un logo antropomorfo per giunta copiato male. Una realtà professionistica che nella peggiore delle ipotesi garantisce una solidità economica ineguagliata altrove. A volte non basta nemmeno l’offerta economica importante, perché la scelta di giocare in un piccolo paese della provincia italiana oppure nella Lisbona dei grandi scrittori, è abbastanza scontata.
Si perde così l’occasione di fidelizzare il talento, di attrarlo verso i campi italiani, anche quelli che sono in effetti delle tensostrutture. La diffusa cialtroneria che ha portato alla nutrita “moria delle vacche” nell’intero sistema del calcio a 5 femminile non è stato percepito come un problema, alcuni l’hanno considerata una occasione per attirare giocatrici in cerca di una squadra a prezzi inferiori.
In un tempo anche recente, in Italia giocavano colonne della nazionale spagnola, portoghese. Oggi abbiamo le storiche colonne di una nazionale brasiliana che probabilmente dopo il mondiale filippino avvierà l’inevitabile ringiovanimento della rosa. Però l’intero movimento sembra più preoccupato d’inventarsi l’ennesima coppa che non esiste. Invece di preoccuparsi del futuro umano di una disciplina che sta attingendo ad un bacino che era già arido anni fa.