La miniera verde oro

“Se non ricaviamo almeno 200 milioni di euro dalla vendita di questi mancini della under 17, potremo andare tutti a casa, perchè saremmo degli incompetenti”. Joao Paulo Sampaio, responsabile del settore giovanile del Palmeiras, ha di recente chiosato parlando del vivaio dell’alviverde.

Brilla fulgida la stella dell’appena 17enne Endrick, un predestinato. Così come amano scrivere i media tradizionali, tanto da oscurare con i suoi record il mito di Pelè. Quello che però più conta negli ultimi anni, nel grande stato del Brasile, è la capacità di monetizzare quel talento.

Vinicius Junior, Rodrigo, Reiner, David Luiz, Yan Couto, Gabriel Martinelli, Marcelo PItaluga e Kaio Jorge. Questo l’elenco dei talenti appena sedicenni venduti a club europe per cifre stratosferiche. Perchè i club da questa parte dell’Atlantico sembra interessati ad acquistare oltre al talento un valore forse più importante: il tempo.

Così la contrattazione diviene sempre più precoce. Capita di osservare il West Ham spendere 30 milioni di euro per il tempo del 18enne Luis Guilherme. Dopo solo una stagione nella prima squadra del Palmeiras. Oppure capita d’osservare il Chelsea sborsare 76 milioni di euro e attendere la maggiore età per prelevare Abel Ferreira e Estevao Willian.

Se nel procacciarsi talento, i club di calcio inseguono come valore di riferimento il tempo, perchè nel futsal d’italico colore, s’acquistano e si celebrano giocatori che da tempo hanno attraversato il tramonto della loro carriera?

Quello che oggi, dopo la debacle di questo teutonico Campionato Europeo 2024 di calcio, si prospetta all’orizzonte del calcio nostrano, è gia accaduto nel futsal. Il nemico è lo straniero, il sistema additerà quello come problema principale e ricorrerà al proibizionismo.

Pratica, quella della proibizione, che in un sistema a capitalismo avanzato non ha mai funzionato. Che la chiamassero autarchia durante il ventennio fascista, oppure dazi sull’import in una più moderna versione, l’unico risultato che otterrà sarà l’innalzarsi dei costi anche delle materie prime meno nobili.

Tradotto in termini sportivi: quegli atleti in grado di deambulare in maniera dignitosa tanto nel calcio quanto nel futsal chiederanno, per via del loro status anagrafico, cifre più alte in virtù del nuovo valore artificialmente aggiunto. Non diventeranno all’improvviso più abili. I club valuteranno il costo aggiunto e riterranno l’operazione insostenibile.

Uccidendo di fatto la capacità di competere. Perchè altrove, come nel caso del Brasile, i settori giovanili solo fonte principale di ricavi per i club. Nel calcio italico e nel suo cugino povero calcetto sono centri di costo. Un pò come nella manifattura delle merci, acquisto dove è più conveniente, quindi appalto la produzione.

Se si regola il mercato interno attraverso norme draconiane, come nel caso del futsal italico, che però non sono applicate altrove, si svaluta ulteriormente il prodotto calcio a 5. Limitandone la capacità di competere su un più ampio mercato.

In uno sport diventato business, pensare d’operare in maniera estemporanea, ricorrendo a pratiche populiste e inefficaci, è come chiedere all’orchestra del Titanic la propria canzone preferita mentre la nave affonda.

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