Oggi è l’ultimo giorno della stagione di futsal tricolore. Il primo luglio, lo svincolo dei giocatori segna di fatto l’inizio di una nuova stagione. A ventiquattr’ore da questa linea di demarcazione ancora molti giocatori attendono di ricevere i loro compensi, altri non li vedranno mai e in questo generale clima purtroppo consueto c’è già chi programma l’assalto ai trofei da settanta euro.
In generale per i club professionistici di calcio quattro sono le aree che compongono i ricavi:
– Ricavi dagli stadi
– Ricavi dai diritti media
– Ricavi commeciali
– Ricavi da vendita delle prestazioni sportive
Alla voce costi:
– Salari del personale
– Quota degli ammortamenti
– Costi di gestione
I ricavi da match day nel calcio costituiscono il 15% dei ricavi totali, pensare che questa cifra possa occupare una percentuale maggiore nel piccolo mondo antico del futsal è puro onanismo onirico. I ricavi dei media che nel calcio oggi, anno del signore 2024 per le squadre italiane costituiscono anche il 50 per cento delle entrate complessive, sono inesistenti nel futsal nostrano.
Se per ricavi commerciali si intende il merchandising e il licensing, per darvi un termine di paragone i club di Premier League nel 2023 hanno fatturato 7 miliardi di euro contro i 2,8 dell’intera Serie A. Il futsal italico non può nemmeno considerare il merchandising o il licensing. Nessuna delle squadre ha il proprio marchio regolarmente depositato, questo non solo rende l’eventuale vendita ad esempio delle maglie accessibile a chiunque non ne protegge nemmeno il valore.
Alla voce costi c’è tutto il resto.
Per una società di futsal che si regge sulla disponibilità economica del patron che raccoglie intorno a se un gruppo di sponsor più o meno interessati all’elusione fiscale, questa è la voce che spesso affonda l’intera operazione.
A giudicare dal numero di procedimenti per il pagamento coatto a favore dei giocatori che ogni anno vengono emessi dalla Commissione Accordi Economici, la pratica di spendere parole più che denari è ampiamente diffusa. Solo il complice silenzio, l’inspiegabile omertà di una delle parti, permette a questa pratica d’essere ancora così diffusa.
I club chiudono, si fondono, si squagliano al sole di luglio ma non è che al freddo dicembrino c’è chi stava meglio. Eppure i giocatori baciano le maglie, si stirano i legamenti e si gettano in campo. Se non importa a loro, attori principali dello spettacolo, perché dovrebbe importare ad altri?
Non c’è nessuna sostenibilità nel futsal ma anche in molti sporti minori, che non corrisponda all’assorbire completamente i costi. Non c’è possibilità di compravendita dei giocatori, nessun ricavo da prestazioni sportive. L’intera operazione futsal in massima divisione è più mecenatismo che investimento economico. È un carrozzone che si regge precariamente sull’ego del presidente di turno.
È gettare un organo cavo oltre l’ostacolo. Scegliete voi quale.
Il Futsal vive in attesa del prossimo mecenate ignaro, in cerca di gloria personale. Possibilmente ignaro delle vicissitudini che hanno afflitto chi c’era prima di lui. In possesso d’un ego ipertrofico capace di indurlo a credere che sia capace di cambiare le condizioni che hanno portato ai fallimenti precedenti. Senza ovviamente cambiare le regole di base del sistema. Auguri. Avanti il prossimo.