Non capisco perché mi volete bene

Ho un foglio digitale con appunti scarabocchiati lì tra le pieghe di uno schermo, l’odore dell’estate fuori, quello dell’asfalto della periferia dentro. Tra i cristalli di questo pannello scorrono dei titoli di coda. Il dio Vimeo, divinità minore dedicata ai cineasti, mi ricorda che ho un account quasi pieno mentre premo per l’ennesima volta pausa.

Sullo schermo più grande che sono riuscito a recuperare in casa ci sono i titoli di coda di Romina, un docufilm che potrete vedere in anteprima a Bologna, Sabato 8 giugno 2024. Opera di Valerio Lo Muzio e Michael Petrolini, scritto anche da Giorgia Malatrasi. In concorso per il premio Biografilm Italia e Premio Manifesto. Una pellicola, come direbbero gli antichi, che partecipa alle attività del progetto Tutta Un’Altra Storia, in gara per i premio omonimo.

Sono stato bravo Francesca, vero? Questa è una storia però che passa da te, attraverso te. “Hello PR, how are you?” Sai bene che non scriverò di coloring, di scelte stilistiche, d’inquadrature o di narrazione. M’hai regalato però una di quelle storie che finiscono con l’attaccarsi al resto della vita, come fanno tutte quelle scritte bene e raccontate meglio. L’hai fatto perchè sei pazza, in un modo meraviglioso.

Se ti dovessi raccontare Romina, fermerei l’immagine su quell’inquadratura di lei che sul bus guarda fuori da finestrino e le lacrime le scendono giù sul viso. Non solo perché è un magnifico affresco d’un racconto impastato così. Poi ti chiederei d’aver pazienza qualche altro istante, fino a quando Romina chiede quasi disperata: “Non capisco perché mi volete bene”. “Perché avete fiducia in me quando io non ne ho in me stessa.”

Quando passi la vita a vederti rifiutato l’affetto, all’abbandono sei abituata. Che sia quello voluto d’un padre, quello dovuto d’una madre che deve finire di scontare una pena detentiva, anche s’ha cambiato vita ma il debito con la giustizia s’estingue così. Quello d’un fratello che non parla perché tutto passa da dentro. Quel rifiuto lo sai affrontare, comprendi quella solitudine. La mancanza d’amore t’è familiare. Quando t’amano senza che tu possa trovare una spiegazione, è allora che ti perdi. Scappi perché non sai com’è, non sai cos’è.

Serena ricordi? Parlavamo di favole. Ecco questa è una favola dark, piena di mostri eppure è sempre una favola. Anche se è piena di muri alti, di sbarre e del tintinnio delle chiavi, quelle che ti chiudono dentro e lasciano il resto del mondo fuori. Romina è una favola, di quelle che trovi poggiata su uno scaffale, che apri per caso e ti porta via con se.

Sotto i portici di una città complessa senza essere complicata. Dentro ad un paese che è cambiato anche se i vecchi si rifiutano d’ammetterlo, semplicemente perché sono voltati verso il passato, verso la parte sbagliata della storia. Una storia che inizia di notte, passa attraverso la notte. In quella parte del giorno invisibile come all’apparenza le persone che la popolano. Quelle che a volte, non vogliamo vedere.

Questa è la periferia di Malmoe, quella di Ibra. È il barrio di Tevez. La favela Porto do Rosauna, quella in cui è nato Vinicius Jr. Quelle piene di rabbia che puoi infilare anche dentro ai guantoni, ma questa è Bologna. La puoi mettere in una palla a spicchi, in un playground. Dentro ad un pallone da calcio. Piena di quell’amore incondizionatamente romantico per lo sport. L’unica ecumenica divinità universalmente riconosciuta, il dio pallone.

Una storia di pugni, di riscatto. D’adolescenza, di gioventù. Di quelli della porta accanto, di quelli che servono al tavolo d’un bar a tre euro l’ora. Una storia d’ingiustizia ma non di resa, una di quelle che ti fa prendere in mano una penna per raccontarla anche agli altri. Una storia che Kunda con il suo fare felino sospettoso avrebbe osservato mentre la pestavo su una tastiera.

Romina. Valerio, Michael, Emiliano, Giorgia: grazie. Per una storia che s’appiccica al cuore.

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