Filipa is back in town

Il futsal conserva ancora quell’anima da piccola cittadina, da paesone nel quale tutti si conoscono o quasi. Questa sua dimensione familiare permette di stabilire connessioni umane che negli sport a larga diffusione è quasi impossibile replicare.

Metto su: “Boys are back in Town”, nella versione originale quella dei Thin Lizzy. Basta sostituire Boys con Girls è questa è la colonna sonora ideale per accompagnarmi mentre scrivo e forse voi mentre lo leggete. Press Play on Tape.

Si formano spesso legami che valicano i semplici confini della conoscenza, dell’amicizia. Accade che una semplice frase, riporti a galla una marea di ricordi e rinsaldi un legame che nel cuore e nei pensieri non s’è mai interrotto.
“Signora Gianna, signor Franco: l’hanno prossimo se tutto va bene potrete vedere giocare Fili, due volte. È tornata in Serie A”.

Fili è un giocatore, anzi una giocatrice ma non solo questo. Decisamente. È di famiglia. Lo è diventata senza che divenire fosse un verbo mai preso in considerazione. Lo è. Fili è quella che entrando in casa vedo appoggiata alla penisola nera, appena seduta su quegli sgabelli alti, scegliere con la signora Gianna qualcosa da qualche portale che vende cibi che hanno il sapore di cartone. Fili è gli occhi sorridenti del signor Franco che chiede: “ma dov’è che gioca adesso?” come se fosse importante solo per poter guardare il calendario. Quel signor Franco che finge di non prestare attenzione a nulla ma poi si ricorda che Caruso è pelato e l’avrà visto giocare una manciata di volte. Passa qualche ora e mi chiede ancora “dove gioca Fili?” non perché sia rincoglionito semplicemente per essere sicuro d’aver capito bene.

Fragile.
Abbi cura della tua fragilità, perché non si riduca a semplice debolezza, ma si elevi a cristallina raffinatezza

L’ho trovata sotto ad una tela ad olio, con un carillion dentro che suona una melodia, ovviamente. Per me Fili è difficile contenerla anche in una frase stupenda come quella. Lei è le uniche lacrime che ho mai versato quando un giocatore è andato via, non sapevo nemmeno di averle quelle lacrime dentro, sono scappate fuori e basta. Fili è la sorella più piccola con li quale non ripetere gli errori che ho commesso con quella gira il mondo in posti dove volano più proiettili che uccelli.

Fili è la sua pancia che si gonfia dopo che ha preso alla lettera “ALL” in un All you can Eat. L’ossessione per la sua forma fisica, per il suo peso, per l’alimentazione, per i lego da regalare. È l’esplosività degli esterni nigeriani dell’Ajax, è George Finidi solo molto, molto più bella. Non più bella del suo cuore che è difficile da trovare perché lo nasconde da qualche parte, dentro, molto in profondità.

Fili è anche il pensiero felice, quello che però ho sempre timore che la disturbi. È il rispetto per la sua storia personale, è i suoi demoni che somigliano così tanto ai miei. È qui. Anche quando non lo è perché c’è un pezzo di lei qui sul muro vicino alla finestra che s’affaccia sulla spiaggia. È il bentornata anche se non è mai andata via, non davvero. È le lacrime, anche quelle di felicità.

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