Dov’è l’italico Lúcio Rocha

Benfica – Palma.
Final Four. Uefa Champions League, Final Four 2024.

Abbracciato ai suoi compagni di squadra, allineati sulla metà campo, in attesa dei tiri dal dischetto che decideranno la prima finalista di questa edizione della UEFA Futsal Champions League c’è Lúcio Gonçalo Silva Rocha. Se il nome non vi dice nulla allora siete probabilmente dei lettori distratti da ottovolanti e impegni al 100 per 100.

Lúcio Jr è stato eletto miglior giocatore del Campionato Europeo di categoria solo qualche mese fa. Top scorer della manifestazione, capace di spaccare le partite da solo quando i suoi avversari sono inevitabilmente suoi coetanei.

In panchina per qualche sprazzo in una Final Four di Champions League.
Classe 2004.

Quanti classe 2004 italiani hanno disputato questa edizione della massima manifestazione continentale? Domanda retorica. Zero, lo sappiamo, tutti. Anche quelli che fingono per convenienza. Non solo le squadre italiane non s’avvicinano nemmeno inciampando ad una Final Four continentale, i così detti talenti italiani non sono un obiettivo dei grandi club continentali.

Se fossero davvero così bravi, perché non giocano in Spagna o in Portogallo? Perché non sono talenti appetibili come quelli francesi, marocchini, finti uzbeki? Perché la riforma Bergamini oggi garantisce loro un posto in squadra e una retribuzione dopata dal regolamento nazionale? Anche ma non solo.

Loro Rocha e Zicky e noi?
Tumbleweed  che rotolano come in un film western, in attesa di una risposta che non c’è. I ragazzi non hanno quasi colpa, se non quella di crogiolarsi in complimenti che non li aiutano a crescere. Nel credere in una favola invece di adottare la filosofia di qualsiasi giocatore argentino: “se a 18 anni non sono stabilmente in prima squadra allora non sono un calciatore”. Preferiscono lo specchio delle mie brame, alla realtà. Sebbene ne capisca la dinamica mi rifiuto di comprenderla.

Salta così una intera nuova generazione, in attesa fiduciosa della prossima, lasciando ancora per una quindicina d’anni almeno la vittoria agli altri e non solo in questo continente. Ciclicamente si ripeterà la stessa ricetta sperando in un risultato diverso, come fanno i soggetti psicotici. Daranno la colpa alla società, ai genitori, alla cultura. Mai una presa di responsabilità. Questa è però una malattia prettamente italiana. Sapete come Frank De Boer ha spiegato la crisi tecnica dell’Ajax? Eccovi serviti: “non si può trasformare la merda in cioccolato”. Sipario.

Exit mobile version