Che succede quando un pezzo del tuo cuore si stacca e vaga come un proiettile impazzito che rimbalza contro altre mille superfici, ruvide, spigolose, cosa trafiggerà?
Un altro te oppure una vita fatta di niente che passava di lì?
Cosa vale di più?
Una vittoria tua oppure un sentimento che esce dalla tua bolla d’aria e viaggia da solo. Con le sue gambe verso obbiettivi dove tu non esisti più e puoi guardarti lo spettacolo. Come uno spettatore non pagante di qualcosa che non ti appartiene nei meriti ma nei sentimenti è tutto tuo?
La luna scappa via di fretta, è ora di lasciare posto al sole, è il momento in cui se non hai pensieri puoi andare a dormire sereno. Oppure quello in cui se nella tua testa si affolla uno zoo. Puoi girarti i pollici e fantasticare che queste ragazze possano alzare le braccia in alto senza di te. Contando solo su loro stesse, su ciò che riescono a scavare nella loro anima.
Vorrei essere come Alexa, pronta ad intervenire se la chiami e silenziosa in un angolo ma so che non è più questa la questione. Si tratta solo di affacciarsi dal balcone e guardare il sole che sorge. Oppure la magia di un arcobaleno che esce dopo tante lacrime di pioggia. Come quando togli gli occhiali da sole e le tue pupille scintillano il chiarore delle lacrime che hai appena versato. La magia vera, quella di unire insieme le mani e portare avanti qualcosa che è di tutti anche di chi non c’è.
Assomiglia un po’ a ciò che ti dicono quando tutto finisce. Nessuno muore veramente finché c’è qualcuno che porta avanti i suoi insegnamenti, le sue parole. Le idee non sono di chi le partorisce ma di chi ci crede e le realizza, costi quel che costi e quanto vorrei che foste voi a farlo.
La sveglia presto. Gli occhi socchiusi. Quella cosa che assomiglia alla tachicardia nel petto ma in realtà è emozione e poi il pranzo, la seduta tecnica, il viaggio il campo, tutto questo che non tornerà indietro e che non avrai mai più nella vita e che ora ti sembra normale.
Quante volte devo dirti che mi dispiace e che non sono più capace di vivere così. Si parte con gli zaini pieni di speranze, di pezzettini che vuoi portare con te e che prendono le forme più disparate, un portachiavi, un orsetto, la maglia del tuo club, una foto. Una lucciola che magari fa luce in fondo al tunnel dei sogni, speriamo che non siano infranti.
Il Torneo delle regioni, la rassegna dei dilettanti.
Ma che ne sapete voi professori di quanto valgono i battiti di una ragazza che si alza tutte le mattine alle 6. Corre a lavoro, si consuma in piedi tra caffè e cappuccini, servizi al tavolo, sorrisi finti e poi corre al campo ad allenarsi e li si che può sorridere davvero.
Che ne sapete delle promesse di non mollare. Degli scarpini aggiustati con lo scotch perché è fine mese e bisogna aspettare lo stipendio per comprarli. Che ne sapete di quella ferita sul ginocchio che si apre molto più velocemente di quanto si chiuda perché il campo sintetico gratta via sempre tutto anche quel maledetto senso di inadeguatezza che ti segue dalla mattina alla sera.
Ma io che ci faccio qui?
E’ la sindrome dell’impostore che parla oppure la fatica nel rendersi conto di essere trasportato per qualche giorno in un grande sogno?
Si accendono le luci e finalmente c’è un palcoscenico anche per te. Nessuno è in cerca solo di gloria ma ognuno ha il diritto di esprimersi almeno una volta nella sua vita, siamo nell’era del capitalismo.
Poi il fischio. Il rumore delle suole sul parquet, il sorriso di chi ti ama sugli spalti, il sudore che scende, il cuore di metallo che pompa e ti fa sentire vivo. Il time out, la corsa a sapere che hanno fatto le squadre del tuo girone. I calcoli per sapere se basta il pareggio per passare. I crampi di notte che mentre dormi ti svegliano e ti ricordano che fatica hai fatto. Il menù del ristornate sempre lo stesso, il pranzo dell’atleta.
Poi ancora le chiacchiere dentro la stanza. Le risate ad imitare il mister. Le preoccupazioni, il tempo che scorre e che va sempre troppo veloce e che tra qualche giorno ti sveglierà di nuovo nei tuoi panni e nella tua solita vita e allora tutta la fatica del mondo per rimanere aggrappati al sogno.
Che ne sapete dei chilometri di notte. Del telefono collegato via bluetooth e cantiamo a squarciagola finché non siamo a casa che poi c’è sempre quella che non canta ma si incanta a guardare fuori dal finestrino i fantasmi che la tormentano e che vanno più veloce del pulmino su cui viaggiamo.
Tra poco si parte e che bello guardarvi con gli zaini pieni. Con quello sguardo di chi sta andando dove non si sa ma con l’energia di chi è pronto a scalare l’Everest e che bello sarebbe ritrovarvi in cima.
Quando finisce il torneo delle regioni non ci sono più canzoni da cantare, farfalle da mangiare, c’è una te prima e una dopo, godetevelo.
1.2.3 stella
In bocca al lupo amico mio, è il destino del lupo, solo contro tutti.