S’è radunata qualche giorno fa con indosso i colori della nazionale italiana, un gruppo di atlete nell’ambito del progetto SGS Futsal Plus. Per quelli meno avvezzi al ricordare quanti programmi giovanili il futsal italico lancia, questo in particolare è un progetto rivolto ai giocatori under 17 e under 15.
Al netto delle sperticate lodi sulla struttura nella velina di palazzo. Menzionata tre volte in un testo di 451 parole, il futsal riparte per l’ennesima volta dalle sua base. Ciclo e immemore. Giova ricordare che qalche anno fa, nel mezzo delle montagne molisane c’era addirittura una nazionale femminile under 17 di futsal, pensate giocava addirittura delle partite, contro nazionali pari età.
Ho particolare contezza per quella trasferta perché forare nel mezzo del nulla molisano, di quel paese che non esiste davvero, nel cuore della notte è una esperienza ai Confini della Realtà, nel letterale senso di Twilight Zone. Molte di quelle giocatrici poi si sono perse nei rivoli della vita, altre provano ancora oggi a risalire la china di una sport che al massimo livello guarda al risultato, come è giusto che sia.
Guidava allora quella nazionale Roberto Menichelli, due CT dopo, Arianna Bovo è l’unico giocatore di movimento di quel gruppo, che gioca stabilmente in una rotazione di Serie A. C’è anche Luzi tra i pali di una squadra di Serie A ma è praticamente alla sua prima stagione da titolare. Il resto s’è smarrito tra i marosi della vita.
La Divisione Calcio a 5 s’impegna in sinergia con altre realtà per tentare di sviluppare dalla base una disciplina che soprattutto al femminile manca organicamente di praticanti, men che meno di agoniste. Le responsabilità di una condizione precaria dello sviluppo che è politicamente facilmente scaricabile sul predecessore.
La maglia azzurra, qualsiasi sia la disciplina, è sicuramente uno di quegli obiettivi che permettono ad un atleta di uno sport minore, di perseverare. Quei colori costituiscono la spinta emotiva da opporre ai marosi della vita. Quella che spesso ti chiede: “quando la smetti con li calcetto?”.
C’è però da interrogarsi sul dopo, ma anche sul pre-raduno. Cosa accade a queste atlete quando tornano ai loro club, nelle rispettive società. Quanti incontri disputano in una stagione, quanti allenamenti, quali sono le competizioni a loro riservate?
Perché alle buone intenzioni, ai propositi meritevoli, s’oppone una questione territoriale ed economica, di vile denaro. Di quella che spesso pomposamente viene definita, ricaduta sul territorio.
Si deve iniziare da qualcosa, con qualcosa. Futsal+ è un progetto che richiede tempo per sedimentarsi, istituzionalizzarsi e istruire una base di atleti da indirizzare verso la pratica agonistica d’alto livello. Non accadrà domani. È quel genere di imprese che hanno una cadenza decennale, a patto di resistere alla mutabilità delle correnti politico-sportive.
Allenare i formatori, creare formatori e non allenatori è anche uno dei fondamenti di questo progetto. Altro proposito a lungo, lunghissimo termine. Roma non fu costruita in un giorno recita l’adagio. Brian Clough replicherebbe però così: “but I wasn’t on that particular job.”