I limiti della partecipazione al gioco

Per l’anno che verrà il futsal italico adotterà norme di partecipazione al gioco, per quello che riguarda la possibilità di schierare giocatori formati, del identiche a quella della stagione in corso. Per la massima divisione maschile. La Riforma Bergamini, la nuova democrazia sportiva per il calcio a 5, prevedeva però una ulteriore riduzione per il secondo anno del numero dei giocatori non formati. Aumentando il numero dei formati obbligatori in distinta.

“Preso atto degli ottimi risultati raggiunti, il Consiglio ha inteso mantenere gli obblighi…” Mi soffermo sulla scelta delle parole. Se ci sono stati questi ottimi risultati che motivo c’è interrompere il percorso intrapreso con questo “Grande Balzo in Avanti”, perché se la democrazia del proletariato del calcetto è lo scopo ultimo, non ha senso fermarsi ora.

Più potere all’italico piede, ai giovani virgulti, alla forza che viene dal basso, come introducendo due U23 obbligatori, un socialismo sportivo. Peccato, davvero che gli obblighi, le strutture rigidamente normate, siano l’antitesi del libero mercato. Hanno infatti il potere queste norme arbitrarie di elevare fittiziamente il valore di un prodotto quando di questo se ne dichiara l’obbligatorietà. Ricordate in pandemia le mascherine a prezzi esorbitanti? Perché non se ne producevano abbastanza per tutti. Ecco, stessa cosa.

Non è che invece, nell’anno elettorale, la scelta più che sportiva sia politica? Da buon Grande Timoniere è probabilmente necessario talvolta prendere decisioni che raccolgano più il consenso dei grandi elettori, il più ampio possibile. Al momento non si staglia all’orizzonte una credibile opposizione politico sportiva a questa governance, che può quindi agire in perfetto stile Partito Unico.

Uno moderno, di quelli che confinano nei laogai di norme a detrimento quelli che mostrano di non allinearsi. Capace di governare generando una sorta di appeasement generalizzato, facendo leva sul luccichio della plastica nostrana, restando refrattaria a quello che accade oltre i confini nazionali.

In una organizzazione i cui vertici devono rispondere ad una base elettiva, le responsabilità indirette ricadono perpendicolari ai grandi elettori che hanno reso possibile quella maggioranza. Quando un presidente di club si lamenta delle regole, dovrebbe ricordarsi che sono state poste in essere da qualcuno che lui, quel presidente, ha contribuito ad eleggere. Non è assunto al trono per intervento divino, più probabilmente per quello della Fragaria.

Resta poi ad addensarsi sulle vicende della nazionale di futsal, la nebbia cognitiva che offusca ogni riflessione sul rapporto tra Serie A e Azzurri. In quale modo ad un presidente/allenatore interessa avere una nazionale vincente? I giocatori indossano l’azzurro diventato più costosi, più proni ad infortuni. Perché quindi i problemi della nazionale, la sua scarsa produttività sportiva dovrebbe essere un problema dei club in un regime mondiale di libero mercato?

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