Una pagina nera su Repubblica

Non c’è oblio per le storie nere del football americano in Italia. Non importa quanto remote o recenti possano essere. Capita così di svegliarsi al mattino e trovare una pagina cartacea e in download digitale del quotidiano la Repubblica dal titolo: “Quei saluti romani sui campi di flag football ombre nere sullo sport che sogna le Olimpiadi”.

Nella versione web, l’articolo è riservato ai soli sottoscrittori d’abbonamento alla testata. Poco male, vuol dire che in pochissimi leggeranno quell’articolo oltre il titolo, senza ricorre al giusto plugin per il browser. Quasi nessuna traccia del pezzo su X, zero su Threads, ancora meno su IG. Poco male se la community italiana del football non abitasse senza sosta Facebook.

Perché è lì che l’articolo rimbalza impazzito. Screen della pagina, commenti subito apertamente schierati. Apro Telegram. Leggiamolo un po’ questo articolo. Si collegano fatti, avvenimenti e saluti romani. Tutti innegabilmente accaduti. Lo si fa con un filo nero, che negare che esista in qualche misura è rifiutare l’evidenza delle immagini.


Più complessa è la tecnica narrativa con la quale si collegano quegli elementi alle olimpiadi, al flag e in genere ad un movimento che un po’ omertoso però lo è sempre stato. Prima di chiedere conto delle vicende ad uno dei massimi dirigenti federali, questo viene presentato come “uno degli ottanta poliziotti inquisiti per la macelleria messicana alla Diaz”.

Si crea così un tono nel racconto che indirizza chiaramente il lettore verso una unica conclusione. Aggiungendo a corroborare la narrativa immagini di un coach che alla fine dell’inno di Mameli, durante un incontro della nazionale, stende il braccio nel saluto romano a disposizione sul canale YouTube: FIDAFTV.

Qualsiasi considerazione successiva ai fatti costituisce contorno a questo punto. Anche le dichiarazioni del Presidente Federale Orlando, descritto in precedenza come un “uomo al comando da 21 anni”. Ci sono ovviamente le inchieste federali, le sospensioni e le multe. Nulla però prepara alla chiosa finale, che è il vero fulcro dell’intera pagina.

Con la seconda carica dello Stato che esibisce il busto del duce evidentemente qualcuno si sente autorizzato, anche nello sport, a gesti che richiamano il periodo più buio della storia d’Italia“. Che in via Po 12, non ci sia nessuna simpatia verso la deriva “patriottica” non è un mistero gaudioso. Un pezzo come quello è sensato, nell’ottica di una precisa scelta editoriale.

Almeno fino a quando non si prosegue nella lettura. I dettagli contenuti in quelle ultime righe rivelano una conoscenza dell’ambiente inusuale, troppo accurata per non essere frutto di conoscenze altrui. Solo chi è interno all’ambiente conosce il profilo “da ostia” di uno dei dirigenti federali, mancava giusto il dettaglio dell’episodio di striscia la notizia a completare il quadro.

L’attacco all’attuale governance del football è palese. Eppure negli anni una alternativa politico sportiva non è mai davvero assurta a livelli tali da scalzare quella attuale, che regna incontrastata da molti, per alcuni da troppo.

Passerà anche questa. Il “frosby” come l’ha definito con intelligenza qualcuno è sopravvissuto a se stesso altre volte e per vicende di cronaca ben più gravi d’un saluto romano che uno come Di Canio dopo gol nel derby dedicò alla curva nord piena di Irriducibili che non hanno mai fatto mistero del loro orientamento ideologico.

L’apologia del fascismo in Italia è un reato. Non lo è la critica, il suggerimento malevolo, la politica populista anche sportiva. L’articolo che fa tanto rumore oggi nei piccolo mondo antico del football italiano è a pagina 17, se non siete superstiziosi. Sfido cinque ad arrivare a pagina 17 d’un quotidiano se non v’indirizzano lì.

Fagocitato da una galassia di contenitori di contenuti questa pagina resterà una questione prettamente interna al movimento, che probabilmente ha un problema culturale identico spesso a quello che condividono esattamente tutti gli altri sport, minori o no. 

 

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