Mentre l’italico stivale piange o festeggia, dipende dalla sponda, l’insuccesso della nazionale nella qualificazione al mondiale in Uzbekistan, si palesa una minaccia probabilmente maggiore dell’oblio iridato. Qualcosa che potrebbe portare a sferrare il colpo di grazia alle speranze del calcio a 5 d’essere rilevante.
Dopo i colpi inferti alla sua base dal padel italiano, altamente sponsorizzato da Carraro Jr e sostenuto da importanti investimenti corporativi, arriva ora la SuperLega di calcio. Una nuova competizione, gratuita per chi ne fruisce digitalmente. Cinque miliardi di dollari di budget garantiti dalla più grande banca d’affari al mondo JP Morgan e dai suoi fondi d’investimento.
Sedici partite in più a disposizione del calciofilo ogni settimana. Senza contare ovviamente il girone a 32 squadre, ipotizzando che qui si riverseranno club dal minore appeal commerciale. Incontri che s’aggiungono a quelli già trasmessi e prodotti dalla UEFA. Sette giorni, ventiquattro ore. Se il pianeta non inizia a ruotare su una ellittica simile a quella di Marte, non c’è poi molto spazio temporale che resta a disposizione di altri sport.
Per il futsal italiano, sostenuto al momento anche da soggetti in cerca di gloria ed elusione fiscale e che spesso raccolgono fondi da realtà artigianali o medio – piccole, il problema potrebbe non sussistere.
Certo una SuperLega calcistica renderebbe impossibile vendere il prodotto calcio a 5. Inconcepibile proporlo a quelle aziende interessate a promuoversi e con la possibilità di farlo a livello planetario.
Allarme quello della SuperLega, che suona già forte in discipline come basket e pallavolo. Sostenute da grandi aziende che hanno preferito scegliere spazi meno costosi per promuovere il loro brand. Quest’ultime ora hanno a disposizione un nuovo e potente strumento di marketing.
Quella opinione vincolante della Corte Europea non ha solo sancito la fine d’un assurdo monopolio. Ha stabilito che le società di calcio sono delle media company, delle aziende che producono contenuti. Lo scrivo ancora: producono contenuti. Gli atleti professionisti sono riconosciuti come aziende che collaborano con la media company.
La svolta industriale nel calcio era già avvenuta. Con l’ingresso dei fondi d’investimento nelle realtà sportive. Leggere però un parere legale che spiega ai tifosi che non sono proprietari di nulla di tangibile, se non la loro passione, rappresenta un passaggio epocale. Uccide quella narrativa che s’è sempre rifiutata di raccontare ai tifosi quello che sono da sempre: clienti.
Se a questi clienti ora viene offerto da A22 un prodotto d’alto livello per giunta apparentemente gratuito come intendono monetizzare la loro base di appassionati i club degli sport minori? Nelle discipline periferiche anche un biglietto dal valore nominale valutabile nell’ordine dei centesimi sarà inaccettabile.
Bernd Reichart, CEO di A22, è cresciuto professionalmente gestendo media company tra Spagna e Germania. Curioso scoprire che il manager tedesco a Novembre era all’Esports Summit a stringere accordi con i colossi tech e rendere possibile Unify, la piattaforma direct-to fan, che ospiterà le partite della SuperLega.
Un giro d’affari stimato tra i 5 e i 6 miliardi di dollari, quello dei club che aderiranno al progetto di A22, con una prospettiva di crescita nell’arco dei successivi due anni che punta a raddoppiare i ricavi a favore per i club. La Champions League nello stesso periodo conta di distribuire 2,5 miliardi ai club.
Le cifre che la SuperLega conta di raccogliere non finiranno nelle casse degli sport minori, perché è da quel bacino che arriveranno. Non da Bar Peppino o da Giovanni Frutta e Verdura, ovviamente. Da quei brand che hanno legato spesso il loro nome anche a quelle realtà importanti in sport minori, nel tentativo di aggiungere valore positivo ai loro brand.
La battaglia per l’industria dello sport non è solo già iniziata, s’è probabilmente già conclusa e all’orizzonte per gli sport minori s’addensano nubi minacciose. Oppure se preferite uno scenario più catastrofico: una lunga era glaciale. Non sarà più nemmeno sognabile (cit.) competere con centinaia di migliaia di euro con chi ne investe miliardi.