Non sei in malafede, sei scarso

Bassano del Grappa, una vita fa e una Final Eight di Coppa Italia, lontana lontana.
Fallo laterale, invertito dall’arbitro lato panchina. Una delle giocatrici s’avvicina con una calma gandhiana e rivolto all’arbitro lo apostrofa con un: “Ora ho capito, non sei in malafede, sei scarso”.

In una epoca di VAR, contestato a fasi alterne anche in Premier League, il retropensiero tutto italiano d’un Moggi nascosto in ogni sgabuzzino dell’arbitro, non passa mai di moda. Resta stabilmente ancorato anche alle vicende di sport minori che anche a volerli orientare contano così poco che la domanda da farsi è “perché” e non “come”.

Perché un ragazzo della CAN 5 dovrebbe alterare un risultato di una partita di calcio a 5, per ragioni diversa dall’essere obiettivamente scarso nella sua pratica sportiva. Esattamente come capita ad un giocatore, allenatore e anche un presidente.

Già difficile comprendere da appassionato cosa spinge un ragazzo o una ragazza a vestire i panni dell’arbitro in una partita di qualsiasi sport. La trovo eroica la scelta di farsi insultare, nella migliore delle ipotesi almeno dalle due panchine, così per principio.

I partecipanti al gioco chiedono spesso troppo a degli individui fallaci, esattamente come il loro attaccante che sbaglia l’ennesimo uno contro uno con il portiere, d’essere perfetti. Ma con quest’ultimo sono più disposti al perdono. Verso l’arbitro c’è la predisposizione al linciaggio, perfino del cronometrista, l’individuo deputato spingere un pulsante.

Con tutta la benevolenza possibile, è difficile comprendere le scelte, ad esempio, dell’arbitro numero 2 di un recentissimo Francavilla – Lazio. Nel calcio a 5 femminile, almeno in quello italiano, c’è questa strana tendenza a veder volti nuovi correre lungo la linea laterale con una frequenza all’apparenza maggiore che nella controparte maschile.

Forse ad un arbitro si chiede di sbagliare, in egual misura. Scontentare tutti potrebbe essere la chiave della migliore o peggiore prestazione possibile. Ma cosa accade ad un arbitro scarso? Retrocede di categoria, viene messo davanti ai suoi errori, viene accantonato, rieducato alla fine arte di comprendere lo sport che dirige? La CAN 5 è in questo aspetto più simile ad una società segreta che ad una organizzazione sportiva.

La CAN 5 e i suoi membri, non parlano, non comunicano. Sembrano esistere ma solo nell’immanenza dell’evento nel quale si è chiamati a dirigere. Se scende di categoria, cosa accade? All’improvviso il suo livello d’arbitraggio basso è più consono al livello della pugna sportiva? Qualcosa nel genere: “tra scarsi non si nota”?

Gli arbitri vengono valutati, regolarmente. Sarebbe bello avere una classifica pubblica, come accade in tutti quegli sport davvero intenzionati a combattere l’elemento complottista dalla competizione sportiva. In fondo è così in tutti gli ambiti della vita, c’è una classifica di merito.

Hobby per molti ingrato, quello dell’arbitro. Resto ancorato, osservando qualsiasi partita, ad un adagio per me fondamentale che mi suggerì alcuni anni fa una giocatrice di softball (grazie Chiara) che oggi ironia della sorte è arbitro di calcio e calcio a 5: “se fai decidere la partita dall’arbitro, vuol dire che stai giocando male”.

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