Eppure l’hai vista correre avanti e indietro mille volte, senza fare mezzo passo indietro, senza bisogno d’aiuto. L’hai immaginata donna mentre era bambina. Hai sempre pensato che quel talento li andasse a braccetto con quelle espressioni buffe ma cosi dolci che ogni volta ti fermi a guardare incantato perché ti ricordano quelle che faceva nel pulmino 10 anni fa.
Ho sempre pensato che quello che vedo io in una giocatrice e altri non riescono a vedere è quasi un’equazione con il capolavoro che vede mia moglie in un quadro quando a me sembra uno scarabocchio.
Cosa si incrina nell’animo di una guerriera, di una giocatrice?
E si frattura prima l’essere umano o l’atleta?
Io non lo so, l’altra sera a fine partita una mano mi ha accarezzato dolcemente. Come a dire ce l’abbiamo fatta. Ho alzato gli occhi e quel viso li era proprio quello di tanti anni fa ma il tuo cuore no. Il tuo cuore era un insieme di bende e cerotti utili a tenerlo insieme senza farlo battere più di tanto.
È la vita. L’ho pensato ma intanto mi dicevo che bisognava trovare una soluzione. Non per me ma per noi e quando dico noi intendo tutti quelli che ora tu non riesci a vedere e che invece aspettano un tuo sorriso come la luna aspetta finché non arriva il sole per andare a dormire.
C’è una donna dentro una calciatrice. Mi sono sorpreso a fare questa riflessione. Non le puoi scomporre. Non le puoi separare. Puoi solo cercare di farle prendere per mano e che trovino la loro strada insieme, senza conflitti. Aiutandosi. Il dolore della donna si porta dietro la calciatrice e la gioia della calciatrice non è più sufficiente a sopravvivere.
Ecco ora tu hai bisogno di recuperare la donna che sei per ritrovare la calciatrice ed io ho bisogno di tornare quello che ero a 20 anni per comprenderti fino in fondo. Devo entrare nel tuo dolore e cercare di farlo mio. Allora stanotte non dormo. Stanotte proietto sul soffitto tutte le giocate che ti ho visto fare. Tutte le volte che dal centro ne hai saltata una poi un’altra e alla fine hai scaraventato quel pallone in porta come fosse un bacio al cielo. Magari tutto ciò lo affianco a quel viso disincantato che ho visto.
Si, credo che l’unica medicina da prendere sia la tua squadra. Perché il valore delle persone lo puoi misurare solo quando non hanno nulla da chiederti in cambio. Sei già qui, sei “nostra” ed abbiamo aspettato tanto per regalarti una parte di questo viaggio e farti diventare noi. Perché quelli come noi sia chiaro non si arrendono mai, più sbattono la testa contro il muro e più ci riprovano.
La domanda più grande a cui non riesco a rispondere nonostante i miei studi sull’anima femminile è: “Cosa vuole veramente una donna?!”
Se questo è il quesito la mia risposta è che so benissimo ciò che voglio io:
Ascoltarti cantare. Vederti sorridere. Parlare di futsal, di diritti umani e vederti correre verso di me perché mi hai regalato l’ennesima gioia con una delle tue discese, scagliando la palla in porta come se fosse un bacio al cielo.
I conflitti della vita a volte ci tolgono il sonno, il respiro. Ci annegano sotto un peso insopportabile ed è proprio qui mentre annaspi per tirar fuori la testa e più ci provi e meno ce la fai che devi smettere di dimenartil. Lasciati prendere la mano e fatti portare a galla. Nessuno nella vita si salva da solo ed è per questo che è magnifico essere in una squadra.
Ora fai cadere quella lacrima dalla guancia sulle labbra. Assaggiala, che sia amara, dolce o salata la prossima non morirà sul tuo viso ma cadrà sulle nostre spalle. Siamo qui, andiamo insieme che abbiamo tante cose da dedicarci. Più cercano di convincermi che non esistono valori, che ognuno deve pensare prima a se, che basta non voltarsi mai indietro e puoi passare sopra a tutto e tutti e che i sentimenti ed il cuore vanno regalati con parsimonia e più penso che qui dentro, qui dove siamo si è compiuto un piccolo miracolo perché si regge tutto sulla forza di ciò che batte nel petto.