Nella Serie A femminile di futsal che celebra la sua terza giornata di una breve regular season, in attesa dei play off in primavera, vige la regola dell’otto. Otto i gol subiti da Foligno, Vip, Pelletterie, Verona e Montesilvano.
Otto in pagella, ottovolante e forza otto. I luoghi comuni sono serviti così come il racconto sportivo del futsal italiano che si ferma qui. Vi porterei a fare un viaggio, ma sono appena tornato da uno e quindi per questa volta v’invito a incamminarvi sul viale dei ricordi.
Era il 6 Aprile 1997, a San Siro il Milan cadeva sotto i colpi di una inarrestabile Juventus. Risultato finale: Milan 1 – Juventus 6. Il titolo di testa della Gazzetta dello Sport quel lunedì recitava testualmente: Uno storico e umiliante 6-1. Juventus Imperiale, Milan Vergogna.
In quel titolo certamente divisivo e d’impatto risiede il successo di una narrativa sportiva che ha sempre fatto leva di un fattore emotivo che è stato e rimane il volano del successo del calcio come disciplina sportiva. Non deriva direttamente solo dalla sua diffusione, è generata dalla passione che alimenta.
Giù una pioggia di contributi d’analisi della disfatta rossonera. Se ne discusse per settimane. Il web non era ancora 2.0 e i social non avevano l’influenza che hanno ora ma fu davvero difficile essere un tesserato dell’AC Milan per alcuni mesi.
Immaginate se il titolo fosse stato: Milan Amaro. Seriously? Amaro, quello a fine pranzo dopo il caffè? Quel sentimento di doloroso rammarico, pungente tristezza? Pensate che ai tifosi del Milan si sentissero avvolti da una pungente tristezza? Chiedete ad un interista come si è sentito il cinque maggio del 2002 oppure com’era felice di leggere la parola suicidio, associata alla sua squadra del cuore.
Il futsal nostrano è così, senza una sua base da attivare, senza un catalizzatore, resta un susseguirsi di risultati che non hanno alcuna influenza sociale ed economica. Vinci con otto gol realizzati, ne subisci otto? Al mattino al bar si parlerà dell’assalto della squadra di Zeman al secondo posto in Lega Pro o nella peggiore delle ipotesi di Fagioli povero per via della sua ludopatia.
Non riesce il futsal italiano a fare rumore nemmeno all’interno della sua bolla così che possa tracimare all’esterno. Troppo impegnato ad anestetizzarsi intorno al “si vince anche quando si perde” e “non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta”, non ci sarà nel cuore la sconfitta ma c’è sicuramente nella classifica. L’ultima volta che ho controllato è la classifica e non il cuore a decidere chi vince il titolo e chi retrocede. Mi chiedo sempre se una squadra è sull’ottovolante quella schiacciata dalla giostra come si sente?
Forse però è giusto così. Adottare una narrativa deamicisiana. In un campionato nel quale otto delle dodici squadre partecipanti potranno raccontarsi con un: “risultato storico siamo in final eight” di Coppa Italia. Nella quale basta non arrivare ultimi e in comune si otterrà il risultato di altre 10 squadre, non aver vinto nulla. Sempre che non si fallisca economicamente nel tentativo di farlo, intendo non vincere nulla.
Vi lascio a questo lunedì che inizia a mostrare segni d’autunno con una frase di Billy Beane: “If we did not win the last game of the series, nobody gives a shit” che liberamente tradotto equivale a “Se non vinci l’ultima partita della stagione, a nessuno importa”.