Le qualificazioni al mondiale di futsal nelle steppe si complica dopo il pareggio della nazionale italiana maschile di futsal contro la Repubblica Ceca. Primo punto per i discendenti dei Marcomanni nel girone di qualificazione. Sempre pruriginoso e complesso scrivere ma anche solo conversare di nazionale, in qualsiasi sport.
Un po’ perché molti dei possibili interlocutori sono ancora incastrati in una narrativa da curva anni ottanta che perfino quelli però hanno dismesso. Un po’ perché la scelta dei giocatori elegibili per una selezione è possibile solo all’interno di un numero limitato di elementi.
Se questo però è particolarmente vero per gli Azzurri del CT Bellarte che a netto di qualsiasi possibile discernimento tattico si trova a disposizione con un gruppo la cui quota di talento non è in alcun modo influenzabile dalla direzione sportiva. Quelli sono i giocatori italiani, la questione della nazionalità italiana aprirebbe un vaso di pandora che per ora lasciamo chiuso.
Se l’assunto italico del limitato bacino di talento è vero, com’è che questo sembra essere un problema esclusivamente italiano? Altrove, appena attraversato l’oceano, la nazionale argentina negli ultimi raduni ha convocato una pletora di giocatori, diversi, ogni volta.
Lasciando un nucleo stabile di veterani, Lacuix s’è messo in caccia del prossimo Borruto, Brandi, Rescia.
Queste le ultime due liste di convocati. Notate qualcosa vero? Non è che il fallimento nei risultati di una nazionale è anche responsabilità dei club? La mancanza di giocatori e di talento non è forse responsabilità d’un movimento incapace di costruirsi una base? Perché le istituzioni sportive argentine sentono la necessità di sviluppare il loro talento per sostenersi e nel Bel Paese quello di collezionare coppe di quasi metalli?
Tante domande, poche risposte. Quest’ultime in fondo sono le più difficili da trovare. Il progetto portoghese non è applicabile in Italia, la disperazione necessaria argentina nemmeno. Però festeggiamo il mondiale femminile di futsal senza chiederci con quale talento l’affronteremo, dove sono i ricambi all’altezza di competere con la necessita economica e sportiva che è l’unico vero volano dello sport agonistico.
Nel bisogno s’annida il talento, cresce in mezzo alla polvere, alle privazioni e alle rinunce. Guardate ancora quella lista dei convocati argentini. Alcuni giocano in Spagna. Sono arrivati lì giovanissimi, accettando anche ingaggi in terza divisione con la prospettiva di arrivare nella Liga da professionisti.
Nel Belpaese del fuSTal e del calcetto, la disciplina non è un veicolo professionale, non è una necessità. Il talento quando c’è finisce a spargersi in mille rivoli più remunerativi e non sempre sportivi. Perché il calcettista, non esiste come professione è un hobby lautamente pagato nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore si è funzionali all’ego del presidente di turno.
Tuttavia addurre ragioni di sistema ad un problema sportivo è anche una facile scappatoia, l’ennesima scusa di un sistema che non ha nessuna intenzione di rinnovarsi perché non sotto i riflettori di SkySport ma negli angoli bui delle tensostrutture sperdute in mezzo al nulla, si sussurra che va tutto bene. Lo Status Quo è una comoda copertina di Linus. “Mica possiamo andare nelle scuole”, già come il basket e il volley. Di scuse muoiono gli sport.