Costruire un brand sportivo

Un brand è costruito sulle piattaforme social, qualsiasi brand anche quello sportivo. Il fallimento nell’industria dello sport non professionistico nel comprendere che nel 2023, strumenti come la “televisione” sono concetti superati costituisce l’ancora più pesante che li tiene inchiodati ad un destino d’oblio.

C’è questo concetto diffuso: la creatività è troppo costosa. Di conseguenza ci si affida spesso alla semplicità della vendita. Ci si sofferma non sul contenuto ma sul prezzo, sul ricavo ottenuto dall’eventuale acquirente.

Si continua così a fare affidamento sul modello Facebook, quello che da oltre 10 anni continua a invitare a seguire persone e non contenuti. Che profila i suoi utenti attraverso i big data e poi permette di vendere pubblicità di ogni tipo a questi grossolani gruppi di potenziali acquirenti.

TikTok ha cambiato però tutto, negli ultimi quattro anni. In realtà c’aveva provato anche Tumblr e se il management dell’azienda non avesse vietato i contenuti NFSW ora dominerebbe il mercato. Perché Douyin (il nome cinese della piattaforma) ha cambiato tutto?

Perché ma basato il suo algoritmo non sulle persone o le connessioni tra queste, ma sul tipo di contenuti che consumano. Ha messo il contenuto e la creatività al servizio dell’utente e non viceversa. Ottenendo così retention time, cioè tempo trascorso sul contenuto, radicalmente più alto rispetto a quello della concorrenza.

Meta ha creato i Reels quando si è accorta che le sue quote di mercato si stavano assottigliando. La dinamica dei followers e dei mi piace, in un attimo è divenuta irrilevante. La demografia del pubblico, degli utenti ha fatto il resto.

L’arte è divenuta la parte importante dell’equazione matematica dei social. Il valore di retention mai come oggi è il metro di paragone, l’ago della bilancia. Ma non solo. Il contenuto proposto è divenuto puro intrattenimento oppure puramente educativo.

In questo i brand “sportivi” sono particolarmente avvantaggiati. Hanno le partite della squadra per generare l’intrattenimento, gli allenamenti o gli aspetti tattici per generare quelli educativi. Senza tralasciare l’aver a disposizione una decina di micro influencer ai quali affidare distribuzione e perché no produzione di alcuni contenuti.

Quello che spesso manca è la conoscenza del mezzo, la capacità tecnica di utilizzarlo, gli strumenti e il tempo. Negli sport dilettantistici c’è troppo spesso la tendenza a concentrare nella stessa figura il magazziniere, l’autista e anche l’allenatore in seconda. Figurarsi se si ha la lungimiranza nel investire denaro in una attività di marketing come questa. No, non parlo di voi L84, il ragazzo è bravo, davvero. Facile però eh vista la concorrenza.

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