Il vento scandinavo

Il successo di Stegius nella Kick Off, al netto della stagione poco fortunata di Olsson in Sardegna, ha negli ultimi mesi innescato un meccanismo emulativo. La ricerca di talenti scandinavi nel futsal femminile italiano. Le squadre nostrane sembrano soffrire di una realtà persistente. La carenza di atlete italiane di spessore, che ha spinto diverse squadre a fare affidamento su giocatrici provenienti dalla Svezia e dalla Finlandia.

Oltre Stegius nella Kick Off, Aguilar nazionale svedese vestirà la maglia del Molfetta. Giungeranno nella Serie A di calcio a 5 femminile anche quattro giocatrici dalla Finlandia. Due al Pelletterie, una alla Lazio e una a Lamezia. È indiscutibile che la Svezia e in misura minore la Finlandia abbiano avuto un ruolo da pionieri nel promuovere il calcio femminile a livello globale. Quindi oggi dispongano d’un potenziale bacino di praticanti da convertire al futsal che fa impallidire nel confronto numerico quello italiano.

Le loro giocatrici vantano non solo talento naturale, ma anche una formazione accurata grazie a strutture di allenamento avanzate e programmi di sviluppo ben strutturati. Così, senza mezzi termini, le stelle scandinave si sono trasformate in una risorsa preziosa per le squadre italiane. Prima nel calcio, ricordiamo la massiccia compagine di vichinghe approdate alla Juventus Femminile, ora costituiscono linfa vitale anche per il futsal femminile.

Non va tuttavia dimenticato che questa situazione pone alcune domande scottanti. Il vuoto di atlete italiane di alto livello potrebbe essere il riflesso di una carenza di investimenti nel sistema di sviluppo giovanile del calcio e quello nullo nel futsal femminile. Il successo di un programma giovanile si misura nel numero di atlete giunte in pianta stabile, in campo con la prima squadra e i numeri, i minuti quelli non mentono.

Senza opportunità concrete per le giovani talentuose di emergere, il rischio è che l’oro nascosto nei piedi delle nostre giovanissime possa essere sprecato, ammesso di non confonderlo con la ghisa. Se i numeri del calcio femminile sono striminziti e il futsal si rifiuta d’investire seriamente in una partnership con le società calcistiche sarà difficile proiettare la disciplina verso un roseo futuro.

La dipendenza dalle giocatrici straniere potrebbe compromettere il futuro dalla squadra nazionale, nel calcio maschile Rategui è solo l’ultimo in ordine temporale degli oriundi indispensabili alla causa. Se in questo momento del futsal femminile le giocatrici scandinave possono dare quel tocco di classe e abilità di cui le squadre hanno bisogno, è fondamentale comprendere che il nostro Paese ha un serio problema sistemico di talento ed è del tutto privo di una una base solida per il successo a lungo termine.

L’approccio alla risoluzione di questa problematica richiede senz’altro una visione olistica e di lungo periodo. Una disciplina senza una base di ricavi non può investire nelle giovanili, costruire strutture di sviluppo, formare allenatrici esperte e creare programmi di formazione di alto livello. Il denaro non basta nemmeno all’attività di base.

Tuttavia, possiamo anche trovare spunti positivi in questa situazione. L’interazione con giocatrici straniere può fungere da catalizzatore per la crescita delle atlete italiane, offrendo nuove prospettive di gioco e consentendo una preziosa contaminazione. Lo scambio di esperienze, se ben gestito, può ulteriormente arricchire il futsal nostrano e contribuire alla sua evoluzione.

Insomma, l’uso sistematico delle giocatrici straniere è non solo indispensabile nel futsal femminile italiano ma anche l’unico palliativo possibile. In attesa che si risolva la questione d’un movimento che non genera praticanti, che fatica a mutuarle dal calcio. Un numero di atlete che non può prescindere dalla qualità delle stesse.

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