Il calcio femminile di alto livello è soggetto ad una sorta di bias cognitivo che unito all’endemico ritardo intellettivo rende agli occhi di molti occasionali fruitori, lo spettacolo sportivo naturalmente inferiore a quello maschile.
Circa un mese fa, Marcel, un agenzia pubblicitaria francese di quelle abbastanza piccole da rischiare d’avventurarsi in nuovi territori, realizza uno spot. Protagonista assoluta la nazionale francese di calcio. Slogan: “solo i blues possono darci queste emozioni”.
Guardatelo tutto, fino alla fine.
Per 54 secondi osserverete le gesta di Griezmann, Mbappé, Giroud. Il cartello di chiusura finale con lo slogan dovrebbe segnare la fine dello spot. “Ma non sono loro quelli che avete visto”, la “card” successiva rivela una svolta improvvisa nella narrazione.
Il nastro si riavvolge e allo spettatore viene rivelata una inaspettata realtà. Quella raccolta d’azioni entusiasmanti non sono della nazionale francese maschile, sono le donne che indossano i colori della Francia quelle osservate in azione.
Grazie all’uso di FX e AI è stato possibile sovrapporre i volti noti dei giocatori della Francia maschile a quelli della sua controparte femminile. Riguardatele ora, da capo.
Siete ancora sicuri che le informazioni che i vostri occhi hanno registrato non siano state filtrate dalla vostra consuetudine d’applicare un preconcetto alla realtà?
Quello spot non rivela solo una capacità tecnologica che ha raggiunto un livello di fruibilità estremamente diffusi ma non tali da essere alla portata di tutti. Rivela principalmente uno degli ostacoli più grandi non alla diffusione del calcio femminile, ma allo stesso concetto di calcio femminile.
Ogni volta che applichiamo il suffisso di genere ad una disciplina avvertiamo automaticamente il lettore o lo spettatore, che quello che stanno per leggere o guardare ha bisogno di una quantità di accondiscendenza più alta, che sia in qualche modo minore, rispetto alle aspettative.
Femminile assume così non una connotazione di diversità. Non è complementare, alternativo. Diventa sinonimo di degradazione, di elisione e perché no di derisione. È un diminutivo. Riguardate ancora il filmato. Forte Griezmann vero, peccato che sia una donna.