È colpa del recupero

Carolina Morace: “Undici minuti (di recupero ndr) follia”. In quel momento l’Italia di calcio femminile che occupa il sedicesimo posto nel ranking FIFA ha rimontato sul 2-2 il Sudafrica che è al 54esimo posto, il quarto uomo indica il recupero. La qualificazione al turno successivo è assicurata.

Almeno fino ai minuti di recupero. I primi due, sono sufficienti. Doveva vincere una partita, questa Italia, contro un avversario sulla carta decisamente meno attrezzato. Poteva pareggiarla anche. Le sudafricane vanno a segno con il gol del 3-2 al 92esimo. Non sono serviti undici minuti per perderla. Ma scommetto che ora i nove a disposizione per pareggiarla fanno davvero comodo, vero signora Morace?

Il sentimento del tifoso, anche se è stato un grandissimo calciatore non dovrebbe travasare nel commento che si suppone sia tecnico. Ma siamo abituati così, rassegnati a vedere spesso non il contenuto al centro della conversazione ma il contenitore.

Cerchiamo una scusa, mai una soluzione al problema. Una scusa è più facile, anche uno scemo può trovarla. Una ragione e una soluzione, quello è un affare decisamente più complesso. Allora si derubrica. La sfortuna, la misura del campo che è uguale per tutti ma sembra danneggiare solo l’Italia. Ma sbagliamo nei fondamentali e non accade al Sud Africa.

La domanda è: com’è possibile?
Non insegniamo più i fondamentali ai ragazzini, figurarsi alle ragazzine. Non dovete prendere per buone le mie di parole, ma quelle di Maurizio Viscidi a meno che ovviamente non vi crediate tecnici migliori di chi coordina il settore tecnico giovanile della Federazione Italiana Giuoco Calcio.

Siamo tecnicamente meno bravi e meno brave dei nostri avversari. Altrimenti è difficile spiegare come la Juventus Femminile assomigli più ad un drakkar che ad una caravella. Perché per competere a livello internazionale è necessario costruire l’ossatura di una squadra pescando all’estero.

Se l’investimento nei settori giovanili al maschile è universalmente riconosciuto come scarso, se i tecnici di base sembrano più interessati a diagonali ed elastici come è possibile che la situazione sia migliore in un settore femminile, dove le risorse sono più scarse e le professionalità di qualità cercano di trovare un ingaggio migliore altrove?

L’analisi spietata di una condizione aiuta a spiegare perché Orsi pensi sia una ottima idea fare un retropassaggio al suo portiere mettendo la palla in mezzo alla porta ma abbastanza distante dal suo portiere. Perché subiamo 3 gol identici dall’unica situazione di gioco allenabile: i calci da fermo.

Grazie ragazze? No, grazie. Perché questa assomiglia più alla sconfitta contro la Corea del Nord e alla sua ala destra il tenente PaK Doo Ik. È sebbene non si possa buttare il proverbiale bambino con l’acqua sporca, questo è uno di quei capitoli bui dello sport al femminile. Ora è importante che i vertici della piramide decisionale scelgano tra un calcio femminile come occasione pubblicitaria o come uno spettacolo sportivo.

Se questa è la condizione in cui versa il calcio femminile italiano al suo vertice professionistico, pensate davvero che l’amato dai suoi appassionati calcio a 5 possa versare in condizioni migliori?

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