L’inefficienza del mercato

Nel futsal italiano e nella sua massima categoria operano società dilettantistiche senza fini di lucro. Non possono quindi generare dividenti, introiti, denari di alcun tipo che non siano destinati alle attività della società stessa.

In un contesto competitivo di questo genere, lo scopo dovrebbe essere quello di competere, spendendo in maniera efficiente un budget che sia il più basso possibile. Investire di fatto cifre elevate per ricavarne semplicemente ed inevitabilmente zero, non ha alcun senso economico.

Al netto ovviamente degli impicci e degli imbrogli. A quello sarà dedicato però un pezzo che avrà al centro la vicenda sportiva e giudiziaria del Pomezia Calcio, che militava nel campionato di Eccellenza. Escludendo quindi i comportamenti fraudolenti e quindi illegali, di fatto il futsal opera su basi assolutamente prive di lucro.

Molti presidenti, anche quelli che si accomodano in panchina, probabilmente preferiscono pensare che le loro difficoltà sul campo abbiano una diretta relazione con l’ammontare di denaro speso piuttosto che con l’ignoranza.

“Selig owned maybe the most pathetic poor team in baseball, the Milwaukee Brewers. He no doubt wanted to believe that the Brewers’ trouble was poverty, not stupidity”.

Michael Lewis – Moneyball

Non dubito che in tanti nel futsal italiano si reputino estremamente più intelligenti di Michael Lewis o di Billy Beane, ma non è così, soffrono della stessa inefficienza che affligge il loro sport. Creano di fatto il problema del quale poi si lamentano.

Il mercato del futsal è sicuramente regolato attraverso norme che ledono la libera concorrenza. Tuttavia queste non spiegano nè giustificano l’epidemica mal gestione delle squadre di futsal. In pochi, se non costretti dalle circostanze, sono quelli che operano attraverso criteri economici e matematici.

Tutti tendono a cercare di “vincere” spendendo più della concorrenza. Attività che avrebbe una sua giustificazione se alla fine della stagione ci fossero dei benefici economici a retribuire le squadre. Non è così, non c’è nessuna UEFA che elargisce denaro, nessun contratto per i diritti d’immagine delle dirette degli incontri.

Negli sport di squadra non c’è garanzia che una spesa maggiore porti ad una vittoria, certamente aiuta a competere, ma non a farlo seguendo dei criteri di sostenibilità che permettono alla società di perdurare nel tempo.

Spesso spendere cifre importanti garantisce una preminenza, immediata. Si acquistano quelli che sono percepiti come i talenti migliori, spesso sopravvalutandoli. Un po’ come i New York Yankees, portafoglio più ampio, accumulano talento ma poi arrivano ai playoff con lo stesso numero di vittorie in regular season di una squadra che ha il secondo budget più basso della Major League of Baseball.

Il futsal non cerca di trarre un vantaggio competitivo dall’inabilità del sistema di valutare correttamente i giocatori, no. S’arrende semplicemente. Se ci fosse davvero un pubblico di spettatori e tifosi ad affollare gli spalti, scoprireste come accade in altri sport che questi sono disposti a seguire una squadra che vince, non importa chi c’è in campo.

Se si vince con “perfetti sconosciuti” questi diventeranno stars e gli spalti saranno affollati di tifosi, se perdete con i fenomeni in campo, i tifosi diserteranno gli spalti. Non che questo al futsal interessi molto, i tifosi li deve prima trovare e non prenderli a prestito.

Tornando al futsal nostrano, quanti esempi nelle passate stagioni è possibile fare di squadre che hanno ottenuto un posto nei playoff spendendo cifre considerevolmente più basse, anche nell’ordine del 40 per cento, di quelle che hanno lottato per salvare la categoria? Tante, anzi troppe.

Nella lista dei marcatori con almeno venti reti, nella recente regular season di Serie A Femminile, c’è una giocatrice sulla quale è stata investita una somma considerevolmente inferiore a quella delle altre otto colleghe che condividono quell’elenco. Com’è possibile? Si tratta semplicemente di “moneyball”, di analizzare il mercato e comprenderle le opportunità senza lasciarsi condizionare dall’umoralità.

Di conseguenza, acquistare un atleta a 40, invece di 4 giocatori da 10 è altamente improduttivo. Innanzitutto si innalza il rischio d’investimento, il 100 per cento invece del 25 per cento. Si fallisce nella basica comprensione del concetto di valore, sovrastandolo con quello di percezione soggettiva.

Se quel giocatore da 40, segna 40 gol, ogni gol mi è costato 1. Al giocatore da 10, sono sufficienti 10 realizzazioni perché il costo per gol sia identico a quello del “bomber”. Immaginate ora uno scenario nel quale il giocatore più costoso realizzi, per una qualche ragione anche un solo gol in meno. Dall’altra parte il giocatore meno pagato ne realizzi anche uno solo in più.

Quale degli investimenti è quindi economicamente più vantaggioso? Controllate ancora la classifica marcatori della stagione appena passata. Per quanto il “goal” sia una metrica molto fallace, serve allo scopo in questa elementare dimostrazione.

Ci sono giocatori con un costo decisamente più contenuto che hanno segnato lo stesso numero di gol o quasi, di giocatori percepiti come “più forti”. Eccola di nuovo la parola a detrimento dell’intero sistema: “percezione”.

Quello che sta accadendo nel calcio, accadrà prima o poi in tutti gli sport. Le squadre capaci di essere più efficienti dal punto di vista economico saranno sempre capaci di competere migliorandosi perché in possesso di strumenti di valutazione che prescindono da elementi quali fortuna e ego. Le altre continueranno a spendere a caso, come degli sciocchi. Dei ricchi sciocchi. Per poi sparire,

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