Ma quanto pubblico c’era?

Molte delle pagine e degli articoli scritti da me tra il 2013 e il 2018 parlavano di football americano. Anche al femminile, in Italia e non solo. Frutto d’un intreccio tra videogames, palla ovale e vita reale. Per questo negli anni successivi quando la palla da raccontare è diventata tonda ma rimbalza male lo stesso, non ho mai spesso di leggere e consumare avidamente il “frosby”, insomma il football americano italiano.

Perché? Per una sorta di nostalgico legame e perché nella sua nicchia molto piccola, gli avvenimenti di quello sport minore costituiscono un eco molto simile a discipline lontane per diffusione, popolarità e pratica sportiva.

Questa storia inizia con la decisione della FIDAF, la federazione italiana, di far disputare la finale della Prima Divisione di football americano: negli Stati Uniti. Toledo, Ohio. Dall’altra parte dell’oceano. Evento trasmesso in diretta su Eleven Sports e Dazn. Lo avvertite l’eco di una storia già letta o vissuta?

Ovviamente sui social, anzi su una sola piattaforma: Facebook, quella dei veri boomer, scoppia la polemica tra quelli capaci sempre di spendere i soldi degli altri meglio ma chissà come mai non sono ricchissimi, versus quelli che difendono la scelta

Nel football americano italiano, da una parte troviamo schierati quelli “dei gloriosi anni ottanta”, gemelli di quelli che nel calcetto dicono “quando c’eravamo noi si vinceva l’europeo” e quelli che hanno vissuto la ricostruzione della disciplina del football, dopo l’uscita dal CONI e i debiti che nemmeno in Argentina.

Premiamo sul tasto avanti veloce della storia. Arriviamo al giorno della partita. Tutti quelli che si lamentavano di non poter assistere alla partita solerti acquistano un mese su DAZN o Eleven Sports, perché? Per poter contare dallo schermo i presenti. Suona familiare?

Ovviamente le cifre differiscono. La FIDAF, la federazione italiana di American Football, annuncia che sono stavi venduti 12000 tagliandi. Il Glass Bowl, lo stadio che ospita la finale, dalle immagini della diretta sembra però tristemente vuoto. Qualcuno stima 2500 spettatori.

Si rivendica un successo da una parte, il triste fallimento dall’altra. Sulla miriade di pagine Facebook che a vario titolo parlano di football americano, si scatenano i flame, gli interlocutori ufficiali della federazione provano ad intervenire ma l’addetta stampa è presto travolta dalla mole di commenti.

Un po’ come accade anche nel meraviglioso mondo del calcetto a cinque italiano. All’interno delle due bolle in molti s’illudono che lì fuori, da qualche parte e ben nascosti, ci siano sterminate orde di appassionati desiderosi di assistere nella calura di luglio (o nella fornace d’un palazzetto a giugno) alle gesta sportive di amici e parenti, di altri.

Duemilacinquecento spettatori in piena stagione del Major League of Baseball, in una cittadina come Toledo è un grande risultato per il football americano italiano. Quanti spettatori farebbe qui in Italia in pieno luglio la finale per il titolo della terza categoria del soccer made in USA? Meno, di 2500, probabilmente.

Così come 2000 spettatori per una finale, tra parenti, amici e addetti ai lavori è un ottimo risultato per il calcio a 5 italiano. Al netto di qualsiasi considerazione fantasiosa, di quegli occasionali che al massimo hanno trasmesso con il cellulare la sagra del paese. Duemila e cinquecento spettatori a Toledo sono un fenomenale risultato.

Non mi meraviglio nemmeno di quella schiera di economisti della strada per i quali il denaro andrebbe speso sempre in altro. Probabilmente per quella genia andare sulla Luna sono soldi spesi male: “perché non pensiamo a risolvere i problemi sulla terra”. Confido che quella categoria di depensanti non arrivi mai su queste pagine e se ci dovesse inciampare, cada di faccia facendosi malissimo al primo paragrafo.

Molti sport minori sembrano avvolti in un ciclico ripetersi di avvenimenti molto simili, come se fosse impossibile imparare dal passato, spaventatissimi dal tentare una strada ignota e spesso più impegnati a cercare consenso che a produrre innovazione.

Eppure, una delle donne più intelligenti anche sportivamente intelligente, l’ho incontrata proprio nel football americano italiano. Già. Mi chiedo perché non sia rimasta nell’ambiente ma forse la sua teoria me l’ha già proposta e la devo solo studiare.

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