Negli anni i grandi sport di massa sono stati pervasi da un comune denominatore.
“Solo chi l’ha praticato lo può capire”. Dal baseball al calcio s’è diffusa questa pervicace credenza populistica e popolare.
A corollario di questo dogma s’è sviluppata la credenza che non sia possibile misurare scientificamente la prestazione sportiva, che taluni atleti abbiamo degli intangibili valori. Uno di questi è la capacità degli atleti di avere una performance migliore quando sono sotto pressione, nei momenti decisivi.
Menzogna clamorosa, un olio di serpente sportivo. La scienza ha scoperto che non sono gli atleti più forti ad ottenere performance migliori nei momenti decisivi, sono semplicemente quelli dotati di meno abilità ad offrire una prestazione peggiore.
La così detta “clutch performance” non esiste. Intorno allo sforzo scientifico di codificare la prestazione sportiva di squadra, s’è sviluppato anche un percorso di comprensione della psicologia dell’atleta. Gli sportivi sono uomini e donne con un universo emotivo che spesso ne influenza le prestazioni atletiche.
I Sacchi e i Mourinho hanno sconfessato se ce ne fosse stato bisogno, insieme a Sarri, Benitez, Zaccheroni, Malesani, Bielsa, Zeman, Cosmi e perfino Maifredi, questa credenza del “se non l’hai giocato…”. Aiuta, probabilmente. È necessario, assolutamente no.
Di recente la Divisione Calcio a 5 è tornata a proporre attraverso una partnership con l’azienda Bepro, un servizio di raccolta dati e video analisi. Ricordo un tentativo simile in un Pescara – Luparense ai tempi del grande passo per la disciplina in continua espansione con il “Futsal su Fox Sports”.
Da allora il processo di data mining nel calcio è decisamente migliorato. Si è investito non solo nei software ma nella qualità dei dati raccolti. Come in altri sport spesso per tradizione alcuni dati hanno avuto una errata rilevanza. Penso al possesso palla nel calcio, fino all’errore del baseball, per non parlare dell’assist.
Così come il data mining è una delle principali attività a base delle scelte economiche lo è oggi nel calcio, con buona pace di quelli incapaci di pensiero complesso. Lo sport come qualsiasi altra disciplina umana ha una percentuale di imprevedibilità ma non è certo frutto della magia o dell’esoterismo.
I dati servono quando analizzati con correttezza a liberarci di ogni preconcetto e ci offrono un vantaggio competitivo sull’avversario che per “leggere” le partite s’affida ai fondi di caffè, agli improvvisati “match anal-yst”.
Sarebbe interessante capire quanti club hanno utilizzato sistematicamente i dati offerti dalla società Bepro. Avere insomma una sorta di feedback generalizzato da parte di quelli che dovrebbero esserne i beneficiari. In un ambiente restio ai cambiamenti, con convinzioni radicate nella tradizione delle sensazioni esoteriche non approfittarne sarebbe un delitto, uno spreco di denaro e di tempo.