Rugiada

Certi silenzi al mattino si riempiono di parole, arrivano dopo il suono della sveglia, il borbottare della moka e il vociare dei bimbi. Quelli che non vogliono andare a scuola e quelli che hanno troppa voglia di farlo.

Mi ritrovo seduta accanto alla finestra rigata dalla pioggia, con gli infissi vecchi di legno che odorano forte di bagnato e ricordi. La tazza calda stretta tra le mani come se potesse scappare via.

Cosa mi manca della mia nonna e cosa mi resta? Non so perché me lo chiedo o perché te lo scrivo su questo foglio immaginario imprigionato dentro ad uno schermo, forse perché spero che tu comprenda come mi sento.

Di lei mi restano i racconti, non il suo lavoro, quello che ha studiato e imparato. Mi mancano le storie, quelle che ascoltavo a bocca aperta e penso che forse un giorno toccherà anche a me raccontarle le mie di battaglie, quelle sportive, ai bimbi e alle ragazze.

Ti ricordi di quella fascia al braccio, a rappresentare l’essere capitano della nazionale del mio paese. Forse è vero che non c’è bisogno di un pezzo di stoffa per essere capitano. Allora non lo sapevo, molti pensavano rappresentassi qualcosa, io speravo di esserlo e d’assistere ad un cambiamento e ho atteso invano.

A qualcuno è permesso sbagliare qualche volta di più, come ai secchioni a scuola. A loro è permesso quell’occasionale passo falso che a quelle come me non è concesso. Quelle che costruiscono intorno al talento e non su di esso.

Mi sono sentita sempre di dover dimostrare: d’essere all’altezza, d’essere abbastanza e quel senso di vuoto da colmare m’ha fatto spingere il corpo dove forse non avrei dovuto ma non ho avuto paura di andare.

Ho temuto i richiami, come quegli operai che chiamati dal padrone temono d’essere licenziati. Non mi sono mai sentita però prigioniera, in qualche modo in quel rettangolo di linee bianche ero e sono, ancora libera di essere senza apparire.

Mi chiedono spesso: cosa mi lascia il calcio, che sapore hanno i trofei? Vorrei rispondere, le sensazioni. Così uniche per le quali ti chiedo quando trovo il coraggio, in prestito le parole per raccontarle. Diventano diverse se le guardo da lontano ma hanno sempre il sapore acre e salato delle lacrime, come il mare.

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