La Retorica della Sconfitta

Stranamente nel futsal italiano s’è diffusa l’idea che “basta provarci” e che il solo “impegno” sia sufficiente a colmare il gap tecnico con gli avversari. Una volta usciti dai confini dell’italico stivale, ci ribaltano anche cinque dopolavoristi finlandesi e noi giù con gli applausi: “Grazie lo stesso”.

In quale ambito della vita è importante provarci? Se in casa vi cade una bottiglia di vino sfracellandosi al suolo, chiedete scusa o vi applaudono dicendo: “dai c’hai provato, grazie lo stesso”?

La retorica della sconfitta si trasforma in una sorta di nuova ideologica che tracima dai confini della disciplina teleguardata dentro a quella giocata. Cercando di eradicare l’unico grande insegnamento dello sport: l’idea di un destino con il quale alla fine bisogna fare i conti.

Un legittimo revisionismo spesso nel futsal foraggiato dalle stesse squadre, suggerisce che gli sconfitti sono i veri vincitori o peggio i vincitori morali. In una sorta di fan fiction nella quale si riscrive un finale sgradito.

Il calcetto a cinque è anche popolato da una particolare genia di saltimbanchi capaci di stare in bilico sul carro dei vincitori e ossequiare, rigorosamente piegati ad angolo retto, anche gli sconfitti.

Si sparge così nella disciplina una sorta di tossina dall’alto potere narcotico, quella che maschera le sconfitte da vittorie. Se invece fosse mancata proprio la cattiveria? Perché forse inconsciamente consapevoli, gli atleti, di trovare chi li avrebbe accolti tra gli applausi e commentatori in giubilo per loro straordinaria prova.

Una sorta di paraculismo sportivista della peggiore specie. Quello dal quale il mai compianto abbastanza Beppe Viola si distaccava genialmente apostrofando i maestri del galateo pallonaro con un mirabile: “Sportivo sarà Lei”.

Senza però precipitare negli abissi di comunicazione che comprendono gesti dell’ombrello, diti medi, sputi e l’intero corollario di brave persone, “che chi le conosce certamente sa che non sono così”. Certo.

In campo, il calcio a 5 italiano non sarebbe male se riscoprisse un po’ di “cazzimma” perché se possiamo usufruire del genio poetico napoletano che ha generato “Giulietta è na zoccola” esposto in quel di Verona, non vedo perché dovremmo ricorrere sempre alla “garra charrua”.

Sarebbe anche il caso di interrompere questa deprimente tendenza a fabbricare medaglie per tutti i partecipanti come se fosse necessario sposare una ideologia che ci veda supini agli sconfitti. Delle virtù degli sconfitti sono già piene le pagine di propaganda del Bel Paese.

Se fosse invece arrivato il momento di cambiare musica?

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