Caffè Corretto – Il mondo è fatto a scale

“Non lo sai che il mondo è fatto a scale…”
“…c’è chi le scende e chi le sale”
Questo uno dei più famosi dialoghi del film “Il Marchese del Grillo”. S’applica alla perfezione a questo finale di stagione di futsal femminile, quello di Serie A.

Scontati i risultati nella fascia playoff, unica partita dai valori quantomeno agonistici rilevanti era, al femminile, il ritorno del playout tra Verona e Irpinia. Uno a zero all’andata per le campane. La stagione regolare aveva sempre visto l’Irpinia remare controcorrente nei bassifondi della classifica. Il Verona dal canto suo, forte di un scelte d’organico e investimenti sensibilmente differenti, s’è ritrovato ancora a battersi per salvare la categoria.

Come ama ripetere Massimiliano “Acciughina” Allegri: “le squadre che vedete a novembre, saranno così per il resto della stagione”. Non una profezia, un dato di fatto. Una realtà che nemmeno il 500 milioni spesi dal nuovo patron del Chelsea è riuscito a scalfire, i “blues” sono dodicesimi e hanno gli stessi punti del Crystal Palace che quei milioni li ha spesi negli ultimi 20 anni di gestione.

Lo sport agonistico ha queste dinamiche. Le scelte aziendali sono complesse dal punto di vista economico e i processi decisionali che normalmente si applicano alle aziende “convenzionali” devono ancora essere esplorate ed adattate ai modelli sportivi.

Spesso allo sport si applica il termine soddisfazione, quando si parla di risultati. Un lemma che ha una accezione di sentimento, è una sensazione, non un dato analitico e riscontrabile. Si può essere soddisfatti per un pareggio, per aver perso di misura. I dati invece, quelli indicati dalla classifica oppure raccolti in maniera scientifica, non rappresentano una emozione.

La classifica della Serie A femminile indica che i giocatori con maggior talento sono in maggioranza nelle prime quattro squadre. Nelle ultime quattro compagini militano giocatori dal talento inferiore. Come e quando questo talento viene compensato è un argomento interessante, ma comunque, diverso.

Le incertezze tecniche di alcuni atleti indirizzano l’andamento delle partite, anche del playout e non sono parole mie, basta ascoltare il commento nelritorno del playout tra Verona e Irpinia. Non dimentico che questo non è uno sport professionistico, i protagonisti sul campo non ricevono un compenso abbastanza alto da giustificare critiche efferate ma afferenti almeno sì. Gli errori fanno parte del gioco, minimizzarli dovrebbe essere lo scopo della preparazione alla stagione e agli incontri, non di chi racconta lo sport. Quanto tutto lo sforzo di una società risulti efficace lo dirà poi il campo, anzi il tabellone luminoso segnapunti.

La soddisfazione di ognuno resta elemento personalissimo. Soprattutto quella dei pochi spettatori sugli spalti che non sono anche giocatori, dirigenti o addetti ai lavori. Se manca qualcosa a questa disciplina è proprio l’elemento emozionale viscerale. Non quello dei buoni sentimenti: “peccato, siete brave lo stesso, non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta”.

Elidere questo elemento, la visceralità di un sentimento, quello che ti fa percorre chilometri per vedere una partita, è privare lo sport di uno dei suoi due elementi essenziali. Togliete dal calcio gli ultras e avrete un passatempo. Togliete le polemiche, anche velenose e insensate e avrete il burraco. No nel burraco il “dramah” è sovrano.

Comprendo benissimo che chi investe nel futsal, cosciente di non trarne alcun vantaggio economico, non voglia anche sentirsi criticato per aver speso male i suoi soldi, d’aver fallito l’obiettivo stagionale. Non c’è un Radrizzani che nonostante la probabile retrocessione del suo Leeds, quest’anno ha incassato utili per 200 milioni di euro e non lo tange la presenza dei supporters della squadra armati di forconi che lo aspettano fuori da Elland Road.

Il confine tra un piacevole passatempo e una disciplina agonistica d’interesse risiede nell’investimento emotivo viscerale che gli spettatori, non gli amici o i parenti, fanno rispetto all’evento partita, alle vicissitudini della squadra. Avete mai sentito una squadra di futsal uscire tra i fischi per una sconfitta? Presidenti assediati… no. Il futsal ha ancora i presidenti-allenatori. Ricordo una sola squadra, la Ternana femminile andare a giustificarsi con i tifosi che chiedevano alle atlete di togliersi la maglia che non onoravano. Terni però vive per le Fere, una dipendenza che solo una città come quella può generare.

Alimentare quel sentimento è compito di chi promuove la disciplina. Facendo leva sulla passione che potrebbe non sempre portare ai risultati sperati ma è sempre più interessante dell’ennesimo racconto della maestrina dalla penna rossa, quella Giuseppina Eugenia Barruero di deamicisiana memoria. Quel libro un po’ sdrucito e ingiallito, con le pagine che sprigionano un odore stantio di soffitta sarebbe il caso di lasciarlo li, ad ammuffire.

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