Alyssa Thompson è la Lebron James del calcio

Nel vecchio continente si è diffusa nell’ultimo decennio la nozione che “non nascano più talenti” di solito di tipo calcistico. Tra le mille cause di questa penuria di giovani talentuosi c’è anche un ineluttabile fatto: li cerchiamo nei posti sbagliati, nelle scuole calcio a pagamento.

Questa storia invece è una di quelle sul talento e sul suo comune denominatore: la necessità. Se volete chiamarla povertà, barrio o villa, favelas oppure innercity fate pure. Restano il motore di molte storie di talenti sportivi che nascono e crescono tra le avversità di quelle che in Italia chiamiamo periferie difficili.

Superiamo gli eufemismi e anche l’oceano. Arriviamo a Los Angeles, alla Total Football Academy che nonostante il nome è una squadra di calcio, di soccer. La TFA è un club maschile che ogni anno porta la sua U-12 a giocare la Mediterranean International Cup in Spagna. Avversari? Manchester City, Barcellona, Milan e ogni anno da quasi 13 anni si qualificano almeno per i quarti di finale.

Nel 2013 ai cancelli del campo si presenta Mario Thompson accompagnato da una delle sue bimbe, classe 2004. Chiede se la sua bimba può giocare lì. Il presidente del club, Paul Walker accetta: “non può far male a nessuno, farle fare una prova”.
Al termine del provino Alyssa viene tesserata per il club e quando Mario, quest’uomo della comunità nera di Los Angeles ma anche un po’ peruviano, filippino e italiano, confessa di avere anche un’altra figlia di 13 mesi più giovane, Walker chiede di tesserare anche lei, subito e senza provino.

Alyssa non solo gioca con i suoi pari età maschi, domina nei due anni successivi. Nel 2015 gioca sia per una academy femminile che per il TFA. Carli Llyod giocava per strada in mezzo agli immigrati turchi in New Jersey, Allie Long giocava nelle leghe di futsal degli immigrati nella costa occidentale, Alex Morgan giocava a calcio con i maschi tanto a Berkeley quando a Madrid. Negli Stati Uniti, tutte le giocatrici della Nazionale Femminile si allenano sistematicamente con gli uomini.

Le sorelle Thompson sono state le prime donne a giocare il MLS Next, una sorta di campionato primavera americano. Prima di loro non c’era nemmeno un sistema elettronico per registrare le donne. Non è stato facile farsi accettare in squadre di ragazzi e poi di uomini. Alyssa e Gisele raccontano spesso di quanta sia la pressione prima e durante una partita. Se è la ragazza a sbagliare, sarà lei la colpevole della sconfitta, non importa se il resto della squadra ha giocato male.

Gisele ha esordito a 15 anni con la nazionale americana nella Coppa del Mondo U-17 in India, Alyssa ha debuttato a 17 a Wembley contro l’Inghilterra. Talenti generazionali. Alyssa è la prima giocatrice a venire scelta al Draft della NWSL direttamente dalla High School. La prima giocatrice non professionista ad avere un contratto con la Nike. Gonzales l’allenatore di Alyssa scherza spesso con i ragazzi ricordando loro “voi pagate per indossare le Nike, Alyssa viene pagata per vestire Nike”. I suoi compagni di squadra non sono affatto gelosi: “quindi vuol dire che Alyssa è la Lebron James del calcio!”

Alyssa e Gisele hanno cambiato non solo le squadre nelle quali hanno giocato, ma anche la TFA che ora non ha più una sezione femminile e una maschile. Esiste solo “The Academy”. Nella quale 4 ragazze, tra le venti selezionate quest’anno, giocheranno nelle rispettive categorie.

Quello di cui però il presidente Walker è più fiero non sono i successi sportivi delle squadre o dei suoi atleti. La TFA è l’unica scuola calcio nella quale non si paga una retta, devota interamente a dare la possibilità ai ragazzi e ora alle ragazze delle Inner City di giocare a calcio.

Perché il talento spesso si perde nei rivoli delle necessità della sopravvivenza. Costretto lontana dai bisogni quotidiani di una vita che soffoca i sogni e ti ruba anche il cassetto nei quali provi a riporli.
Alyssa e Gisele sono il prodotto di una condizione nella quale il talento sportivo o accademico poco importa costituisce uno dei biglietti per allontanarsi dal ghetto.

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