Interviste e Modelli Linguistici

AI o nella lingua di Dante: IA. Intelligenza artificiale. L’improprio ma popolare nome con il quale ci si riferisce ai LLM, i Large Language Model. Ci sono da sempre. Vi suggeriscono i brani su Spotify, i video su YouTube.

Negli ultimi cinque anni, mentre Elon Musk era impegnato a comprare un social network sull’orlo del fallimento, Microsoft sceglieva i investire milioni di dollari in Open AI. Creando un consorsio di aziende tech impegnate nello sviluppo di appunto: LLM.

Midjourney, DallE-2, Chatgpt. Ne avrete sentito parlare anche se vivete sotto una roccia, anche se non sapete come salvare la rubrica del vostro smartphone. Rappresentano la capacità di un costrutto matematico d’imitare e rielaborae un modello di dati.

Se alla LLM fornite disegni, foto, parole, attraverso l’addestramento, sarà in grado di fornire risultati coerenti estratti e rielaborati. In un esempio di devastante semplicità: se fornite ad una AI foto di semafori il modello linguistico imparerà a distinguere semafori da banane se quest’ultime verranno segnalate come errore.

Straordinario, vero? Che c’entra tutto questo con il calcetto a cinque saponato? Tutto. Seguitemi giù nella Tana del Bianconiglio, senza perdervi.

Le interviste agli atleti sono il più abusato mezzo di comunicazione nel calcio a 5 italiano. Dello sport in generale. Banali nelle domande e stucchevoli nelle risposte, le interviste rappresentano la morte per anossia di qualsiasi pensiero critico. Spesso seguono un desueto modello di narrazione.

La mia ritrosia per questa forma di elementare dettato è notissima. Non ne ho mai fatto mistero. Per questo capita con frequenza, credo nel tentativo di ingenerare una mia risposta decisamente tagliente, questo tipo di messaggio: “mi aiuti a rispondere a queste domande?”. Ovviamente no, perché odio farle figurarsi partecipare.

È arrivato/a poi ChatGPT. I messaggi di richiesta da parte di atleti non si sono fermati, questa volta però avevo una nuova arma. Ho risposto: “passami le domande”. È bastato chiedere al LLM di OpenAI di rispondere come fosse un giocatore di futsal.

Nessuno s’è accorto di nulla. Per e da mesi. Qualche piccola correzione a mano per localizzare meglio l’atleta e via così, ChatGPT è l’autore di moltissime interviste, almeno di tutte quelle che avvengono con il “ti posso mandare le domande via whatsapp?”

Gli LLM non sono solo uno straordinario strumento di ricerca. Sono d’aiuto nella creazione, nell’organizzazione di dati. Costituiscono anche un divergente bivio cognitivo. L’uomo si è sempre pensato unico, speciale ed irripetibile.

I Large Language Model ci mettono di fronte ad una realtà che spesso fingiamo d’ignorare. I nostri modelli di pensiero, scrittura e in larga parte le nostre vite appartengono ad un campione matematicamente imitabile.

Sono anche e soprattutto una occasione. Quella di superare quei paradigmi di comportamento che ora ci vengono sbattuti in faccia, per elaborare qualcosa di nuovo che affondi saldamente le sue radici nell’idea che è necessario superare la prevedibilità e ripetibilità delle operazioni cognitive umane.

Non andranno via, i LLM, perché ci sono sempre stati. Oggi abbiamo solo la potenza necessaria a computare una mole di dati planetaria in pochi secondi. Siamo nell’epoca della conoscenza digitalizzata, nella quale l’ignoranza non è scusabile.

Eppure perpetra. In quelli che nostalgici di un passato nel quale le bugie riuscivano a scivolare via più facilmente, gli avvenimenti avversi derubricati dalla memoria collettiva con più facilità.

Per quanto siano mutati gli strumenti di comunicazione i Large Language Models cambieranno la natura stessa dell’elaborazione e della diffusione del pensiero umano.
Lo stanno già facendo.

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