All’ombra del Vesuvio si è consumata questa prima edizione della Coppa Italia di futsal maschile con la formula della Final Four. La Divisione Calcio a 5 si è spesa nella promozione trasversale dell’evento come non mai.
Se questa è stata efficace abbastanza da bucare la bolla della disciplina, sarà argomento d’un prossimo pezzo. Sarà stata capace di catturare l’interesse di nuovi appassionati che transitavano casualmente davanti allo schermo tra una partita di qualificazione agli europei di calcio e una finale di pallavolo? Ai numeri la risposta.
Torniamo all’ombra del Maschio Angioino. Una Coppa Italia a Napoli, con il Napoli di patron Perugino grande favorito. Nella sua città, il Napoli non può perdere. Almeno così alla vigilia. Fischio, rigori. Sono proprio i partenopei a cedere il passo al Pesaro di Colini. Marchigiani che veleggiano ai limiti della zona playout 23 punti più in basso nella classifica di A.
Risultato a sorpresa ma annotazione importante. Il calcio è un business altamente volatile, il futsal che non è un business è semplicemente: volatile. Sebbene investire tanto e bene sia importante non si tramuta in equivalenti risultati. Tenetela a mente vi tornerà utile.
Più che al mero risultato sportivo, vale la pena puntare l’attenzione su quella frangia di giocatori di futsal decisamente âgé che ancora calcano i parquet della Serie A maschile. Tra le mille boutade fantasiose del ex presidente della Divisione Calcio a 5 Andrea Montemurro, c’è però una intuizione che merita d’essere ricordata.
Probabilmente un precursone, troppo avanti per i suoi contemporanei. Ricordate quando inaugurò il campionato Master? Ecco. Montemurro l’aveva previsto, c’aveva regalato uno sguardo sul futuro della disciplina e nessuno l’aveva compreso.
In una semifinale e non del “fu” campionato master, tre quarantenni in campo, partecipanti attivi al gioco. Sebbene le carriere degli atleti si siano allungate, i giovani restano biologicamente spesso almeno, atleticamente preferibili anche solo per un ritorno d’investimento temporale.
Coppa al San Giuseppe. Una squadra non di Fulvio Colini, già questa è una notizia da appuntare a margine dell’almanacco di questa disciplina. La vittoria però come spesso accade è meno rumorosa della sconfitta. Alla fine David Marin paga per tutti, con l’esonero. A pochi mesi dalla fine della stagione il nuovo allenatore del Napoli C5 dovrà essere capace, in poche settimane, di tirare fuori risultati che hanno eluso il suo predecessore per mesi.
Più facile far sciogliere il sangue di San Gennaro, fuori stagione. David Marin non ha tirato i rigori, male. L’hanno fatto i giocatori che lui ha diretto. Se poi li ha scelti lui, se ha condiviso davvero le scelte tecniche, questa è una risposta che può arrivare solo dall’interno.
La “scossa alla squadra” come ragione psicologica dell’esonero non regge tra i professionisti, figuriamoci tra i dilettanti. Non ci sono tifoserie che pressano, non c’è stampa che critica. Non c’è un deprezzamento del valore della rosa, non ci sono mancati introiti.
L’allontanamento del tecnico resta semplicemente un segnale di fallimento, di una mancanza di risultati attesi, di scelte errate. Se Antonio Conte può essere esonerato dal Tottenham e tornarsene in Italia in un volo low cost, certo David Marin può essere esonerato dal Napoli senza destare particolare sorpresa.
Non sfugge nemmeno però l’analisi di costi, di investimenti che mettono il Napoli in testa alla classifica e non solo quella che si misura in punti e in campionato. Eppure il PSG insegna, non c’è garanzia d’investimento nel calcio, può esserci nel futsal?
La corsa verso i playoff che per altre squadre non s’è mai interrotta tra recuperi e turni di campionato finalmente è alle sue battute finali. Chiuso questo lungo preambolo chiamato Regular Season, si farà sul serio, davvero. Senza dimenticare che anche nello sport la resa degli investimenti conta nel valutare la stagione d’una compagine sportiva.